venerdì 12 ottobre 2012

Quella guerra da evitare tra i clan delle famiglie

Quella guerra da evitarebr /tra i clan delle famiglie
Di Fulvio Scaparro
Fulvio Scaparro | Come psicoterapeuta e formatore, mi occupo prevalentemente di infanzia, adolescenza, anziani e di ADR (Alternative Dispute Resolution, soluzioni alternative alle dispute). Impegnato nella difesa dei diritti dei bambini, sono stato tra i promotori e formatori delle prime iniziative italiane per la prevenzione dell'abuso all'infanzia. Ho fondato a Milano, nel 1987, l'Associazione GeA-Genitori Ancòra a sostegno dei figli e dei genitori nelle vicende separative, per diffondere una corretta informazione sui temi della separazione e del divorzio e formare personale specializzato nella mediazione familiare nei casi di gravi conflitti tra genitori. Collaboratore e opinionista delCorriere della Sera, curo anche il forum online Genitori e Figli
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Quella guerra da evitare tra i clan delle famiglie


Ad evitare ogni equivoco, coinvolgere bambine e bambini in scene come quella filmata l’altro ieri davanti a una scuola elementare, anche se motivate dall’esecuzione di un ordine dell’autorità giudiziaria, è inaccettabile. Tanto più in quanto gli adulti si sono affrontati in nome del non meglio precisato «superiore interesse del bambino».

Al di là delle disquisizioni legali, l’interesse dei figli, quale che sia la loro età, è la pace, cioè affetti e legami stabili e sicuri, legami con un ambiente che è fatto di oggetti, esseri umani e animali, sensazioni e immagini familiari.
Guerra è invece perdita, o rischio di perdita, di tutto questo.
In un’altra occasione ho ammesso di non conoscere angoscia più grande per un bambino di quella che ha origine dalle accanite battaglie quotidiane tra genitori e non mi riferivo di certo ai conflitti di normale amministrazione in ogni famiglia che è, da sempre, un’unione di diversi per età, sesso e tanto altro ancora.
L’opinione pubblica deve sapere quanto siano numerosi i casi di figlie e figli esposti ogni giorno agli effetti devastanti di guerre tra genitori, spesso con l’intervento dei relativi clan familiari. Guerre combattute senza esclusione di colpi, in cui i rancori, le delusioni, la rabbia, il dolore per un progetto di convivenza fallito accecano i genitori fino a colpirsi reciprocamente attraverso la contesa del possesso dei figli, neanche questi fossero una proprietà dell’uno o dell’altra.
Non si tratta di mandare giù ingiustizie o di perdonare l’imperdonabile né di concordare un’ipocrita messinscena di famigliola felice per illudere i bambini, ma di qualcosa di più accettabile, giusto, efficace e soprattutto realizzabile. Mi riferisco a quello che il cardinale Martini chiamava il «patto di stabilità» che prevede, tra l’altro, l’impegno comune di padre e madre, anche se separati, a tenere distinto ciò che ci divide come adulti da ciò che ci accomuna come genitori.
È ora di rivedere radicalmente tutta la materia del percorso separativo per pacificarlo ed evitare che i figli e gli stessi genitori siano lasciati a se stessi o in mano a chi per incompetenza o malafede getta benzina sul fuoco e non si sforza invece di indicare vie alternative alla guerra. Legislatori, magistrati, avvocati, servizi pubblici, forze dell’ordine devono trovare il modo di comunicare e collaborare tra loro e fissare linee guida per il raggiungimento di una separazione equa tra genitori. Ripeto ancora una volta che i genitori, conviventi o separati, hanno un compito che da solo basta a dare senso a una vita: dimostrare con l’esempio che anche se non si va d’accordo, anche se la convivenza tra gli adulti non è più possibile, è possibile mantenere un impegno comune per aiutare i figli a entrare nel mondo contando sul sostegno, sulla guida e sull’affetto di padre e madre. Quello che è avvenuto davanti alla scuola elementare del padovano serva almeno a ricordarci cosa deve cambiare con urgenza nel modo in cui i conflitti familiari gravi sono oggi trattati in Italia. Lo dobbiamo a migliaia di bambini che ogni giorno soffrono perché le persone che più dovrebbero essere al loro fianco non riescono a farlo o non trovano chi li aiuti a ritrovare insieme alla ragione anche l’amore per i figli.


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