venerdì 12 aprile 2013

Marocco: giro di vite su adozioni, famiglie Spagna disperate

Fonte: ANSAmed

Marocco: giro di vite su adozioni, famiglie Spagna disperate
Neonati bloccati, dopo accuse conversioni a cristianesimo
11 APRILE

(di Paola Del Vecchio). (ANSAmed) -

Madrid, 11 APR - Susana Ramos ha tenuto fra le sue braccia il bebe' marocchino che intendeva adottare quando questi aveva solo 6 settimane: ''Nel guardarlo, seppi che non mi sarei separata da lui'', ricorda. Ma da allora e' passato oltre un anno, Susana ha compiuto oltre 25 viaggi al Paese magrebino, ma il suo piccolo e' ancora nell'orfanotrofio di Rabat, dopo che il Marocco ha bloccato nel marzo del 2012 le adozioni internazionali. ''Ha cambiato le regole del gioco'', denuncia la donna, che, reputata idonea all'adozione come madre single, soffre l'angoscia della lontananza dal suo cucciolo, come altre circa cinquanta famiglie spagnole - in tutto 200 nuclei familiari stranieri - che dal 2011 hanno visto bloccate le pratiche d'adozione da parte delle autorita' marocchine.



 Fino a un anno fa, le famiglie straniere potevano accedere alle adozioni mediante un processo piu' agile che in altri Paesi, compiendo una serie di requisiti: essere musulmane o convertirsi nel caso non lo fossero; rispettare il nome e il cognome, la nazionalita' e la religione del minore, fino al compimento della sua maggiore eta'; sottoporsi ai controlli consolari disposti dal magistrato che concedeva la 'kafala', l'adozione, per seguire l'evoluzione del bambino e il compimento delle condizioni. Ma nel marzo del 2012, pochi mesi dopo la nomina del primo ministro Abdelilah Benkiran, del partito islamico moderato PDJ, i processi di adozione hanno cominciato a bloccarsi, dopo una circolare inviata ai giudici minorili dal ministro di Giustizia, Mustafa' Ramid, che paralizzava le pratiche di genitori non residenti in Marocco. L'avvocato Nadia Mouhir, che rappresenta un buon numero di famiglie adottive a Rabat, ha assicurato in dichiarazioni ai media che la decisione del ministro era stata influenzata da alcuni marocchini, residenti in Spagna, che hanno segnalato che a minori dati in adozione, nelle famiglie di accoglienza veniva interrotto il contatto col paese d'origine o li si convertiva al cristianesimo. Susana, come le altre famiglie spagnole che avevano avviato le pratiche d'adozione prima della circolare ministeriale, non si da' pace. Tutti assieme hanno sottoscritto una lettera inviata al re Mohamed VI, in copia al re di Spagna Juan Carlos, in cui richiedono la loro intercessione per risolvere la situazione.

''Se non fossero cambiate le regole, ad agosto avrei avuto il mio piccolo con me a Madrid'', assicura Susana, che continua a viaggiare almeno due volte al mese al paese magrebino, per restare vicino al bambino. ''Ogni volta che lo vedo, mi avvicino piano a lui e, quando mi guarda, comincia a ridere e allunga le braccia perche' lo prenda. A gennaio aveva gia' messo i dentini inferiori''. Riconosce che ''legalmente i bambini non sono nostri figli, ma il nostro sentimento e' totalmente materno'', assicura. Dice di comprendere le preoccupazioni del governo del paese magrebino, ma che ''si possono superare, lavorando congiuntamente attraverso i consolati e le associazioni di marocchini in Spagna''. Qualcosa si e' mosso: la questione e' stata al centro di colloqui del ministro di giustizia marocchino con il suo omologo spagnolo, Alberto Ruiz-Gallardon, ma una soluzione e' ancora lontana. Per Susana e gli altri genitori adottivi in pectore, la soluzione sarebbe trasferirsi nel Paese magrebino. ''Quello che mi preoccupa di una migrazione forzata - assicura la donna - e' riuscire a costruire un ambiente stabile in un altro paese. Ora sono una madre idonea secondo i criteri spagnoli: con la mia famiglia, il mio lavoro, i miei amici e la stabilita' lavorativa. Riscirei a costruire lo stesso in Marocco?'', si domanda. Ma si dice certa che ''l'ultimo che faro' sara' rinunciare al mio bambino''. (ANSAmed)

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