Fonte: Italia adozioni
Oggi tema: l’adozione
Un intervento molto dettagliato, in merito alla condizione dei giovani adottati, é stato quello di Rosa Rosnati (professore associato di psicologia sociale, docente di Psicologia dell’ adozione, dell’affido e dell’enrichment familiare, Università Cattolica di Milano) che ha fornito uno sguardo sulle ricerche circa l’adattamento del bambino adottato condotte negli ultimi due decenni. E’ stato indagato se e in che misura i soggetti adottati presentino con maggior frequenza problemi comportamentali rispetto ai coetanei. Dalla meta-analisi effettuata da Van IJzenddoorn e Juffer, che ha coinvolto 25.000 minori adottati, è emerso che, sebbene la maggioranza dei bambini adottati presenti livelli adeguati di adattamento, essi, considerati come gruppo, risultano essere maggiormente a rischio rispetto al resto della popolazione di pari età. Gli adottati tendono a manifestare maggiormente problemi comportamentali sia di tipo esternalizzante (aggressività, comportamenti oppositivi, impulsività, iperattività) sia internalizzante (depressione, ansia, ritiro emotivo) e hanno una riuscita scolastica inferiore rispetto ai coetanei. Se poniamo, invece, i minori adottati a confronto con i coetanei che vivono in istituto o in comunità e che di conseguenza hanno un background di provenienza simile agli adottati in termini di trascuratezza e di istituzionalizzazione, le differenze rilevate vanno a vantaggio dei soggetti adottati. Pertanto seguendo questa prospettiva, l’adozione si configura come una valida possibilità di crescita per quei bambini che sono privi di un contesto familiare adeguato, consentendo loro almeno un parziale recupero.
Sebbene il contesto familiare sia molto importante, in quanto accoglie e accompagna lungo il corso della vita, la scuola talvolta assume un ruolo fondamentale. Per molti bambini, infatti, essa si inserisce sin da subito all’interno della loro quotidianità, visto che nel 2012 l’età media dei bambini adottati è stata pari a 5 anni e mezzo. Per tutti questi minori, “iniziare bene” è un fattore preventivo, affinchè i passi successivi verso il mondo scolastico siano accompagnati dalla serenità. L’età scolare é segnalata come un momento critico, poiché lo sviluppo cognitivo porta a pensare e a riflettere maggiormente sul significato dell’adozione (l’interesse per questa tematica aumenta fino agli 8 anni). Per questo motivo sembra che l’inizio dell’età adolescenziale sia anticipata per chi è adottato, essendo portato a riflettere precocemente su di sè.
All’interno del mondo scolastico, che vede come protagonisti alunno, insegnanti e genitori, talvolta emerge una discrepanza di visioni. A volte, ad esempio, i genitori tendono a sovrastimare la riuscita scolastica dei figli poiché essi cercano, in quei successi, la conferma della loro capacità genitoriale. La testa dei bambini, invece, talvolta appare ingombra di pensieri, preoccupazioni, domande, per questo alle volte non riescono a comprendere le richieste delle insegnanti. I bambini adottivi, riprendendo l’espressione di David Grossman (2007), si possono definire a “zig zag” poiché per essere stati adottati hanno dovuto affrontare percorsi non lineari sin dalla nascita. Quando la memoria si frammenta, tutto si mescola e pertanto alla fine diventa difficile unire il puzzle della propria storia. Per il benessere del bambino e per aiutarlo a ricomporre la propria vita, ciascuno assume un ruolo importante e per questo è fondamentale la collaborazione tra le varie istituzioni e la famiglia.
Avere in classe un bambino adottato è un’occasione speciale, è una grande risorsa che non per forza deve far regredire la classe, bensì può aiutarla a crescere con conoscenze nuove e costruttive. Affinché un bambino possa davvero imparare, due sono le componenti che mai devono mancare in classe: amore e sicurezza, come ha sottolineato la Psicopedagogista Monica Nobile, che ha seguito molti progetti di formazione per insegnanti nel territorio. Insegnare è una vocazione, è lasciare un segno ed è necessario che quel segno sia positivo, per arricchire l’autostima e sentirsi pronti per il domani. Essere figli adottivi, alunni adottivi, non è una patologia, bensì un modo d’essere; non è opportuno normalizzare, ma rendere speciale. E per chi crede che l’atto punitivo sia d’aiuto…. si sbaglia. Le note possono raddoppiarsi, triplicarsi su quei registri senza portare a nessun cambiamento; i figli adottivi hanno subito cose peggiori rispetto alle note, quindi loro le superano, piuttosto sono le insegnanti a rimanere incastrate in un vortice senza tregua. Per un’insegnante è importante fare i conti con le proprie paure prima di poter accogliere quelle degli altri. Per questo i gruppi di mutuo aiuto, anche a scuola, potrebbero essere utili per affrontare insieme e superare i fantasmi che portano solo a creare muri per allontanare ciò che spaventa.
Questo convegno ha messo in luce punti importanti su cui si é lavorato e su cui é ancora necessario lavorare, ma riflettendo su quanto già é stato fatto, si possono trovare le forze per proseguire su questa strada. Concludo con una bellissima citazione che riprende il filo di questa giornata:
“Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra. – ‘Ma qual è la pietra che sostiene il ponte?’- chiede Kublai Kan. – ‘Il ponte non è sostenuto da questa o da quella pietra’ -risponde Marco- ‘ma dalla linea dell’arco che esse formano’. Kublai Kan rimase silenzioso, riflettendo. Poi aggiunse: -’ Perché mi parli delle pietre? É solo dell’arco che mi importa’. Polo risponde: – ‘Senza pietre non c’è arco’.” (Italo Calvino – Le città invisibili)
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