mercoledì 30 gennaio 2013

Quali soluzioni per il futuro delle adozioni?

FONTE: Vita

Quali soluzioni per il futuro delle adozioni?

di Antonietta Nembri

Di fronte alla crisi delle adozioni internazionali, Aibi lancia la riforma della legge 184 per rendere efficace, efficiente e meno caro il sistema e far sì che sempre più bambini siano accolti in una famiglia

I dati parlano di un calo continuo e allo stesso tempo di costi sempre più alti. Protagoniste di questo andamento sono le adozioni internazionali che tra il 2011 e il 2012 sono diminuite di circa il 23% passando da oltre 4mila adozioni di due anni fa alle poco più di 3mila dello scorso anno. Mentre il trend dei costi sostenuti dalle famiglie seguono un andamento opposto. Nasce da qui e non solo la preoccupazione sul futuro dell’adozione internazionale manifestata da Marco Griffini, presidente di Aibi – Amici dei Bambini, che oggi ha aperto i lavori del convegno “Efficienza, efficacia e risparmio nel sistema delle adozioni internazionali. Quali possibilità?”.

«Sono preoccupato perché non vedo preoccupazione» ha denunciato Griffini, ricordando a diminuire sono anche le adozioni nazionali, quindi non si tratta solo di un problema economico «Ma se si continua con questo trend, se la progressione verso il basso va avanti nel 2020 possiamo dire addio alle adozioni internazionali» ha osservato con forza ricordando le stime di Unicef sui bambini abbandonati nel mondo: 168 milioni. C’è un problema culturale anche legato alle parole «quando utilizziamo il termine special needs rischiamo di creare un ghetto, abbiamo inventato un termine discriminatorio». E poi c’è quella che per Griffini è la vera cultura negativa che guarda alla coppia che desidera adottare: «si pensa che sia egoista, invece va pensata come una risorsa. Perché adottare è qualcosa di insito nella mia natura» ha detto con foga «Se c’è un bambino abbandonato è giusto che sia adottato per cui la coppia deve essere considerata una risorsa da accompagnare non da selezionare».


Officina Famiglia - Dipartimento per le politiche della famiglia

Linee di Indirizzo per l’affidamento familiare

Linee di Indirizzo per l’affidamento familiare

Le Linee di indirizzo per l'affido, le prime create in Italia, sono state presentate dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali insieme all'indagine realizzata dal Ministero stesso. Realizzate per tentare di dare un impulso allo strumento dell'affidamento familiare e implementare la legge 149, le Linee si inseriscono nel progetto nazionale "Un percorso nell'affido", attivato nel 2008 dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in collaborazione con il Coordinamento Nazionale Servizi Affido, il Dipartimento per le Politiche della famiglia,la Conferenza delle Regioni e Province autonome, l'UPI, l'ANCI e il Centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza.
Il documento raccoglie i saperi e le esperienze dei territori, realizzando un serie di "raccomandazioni" unitarie che legano tutto il territorio nazionale in una rete  di indicazioni.

I temi affrontati trattano in maniera trasversale l'organizzazione dei servizi, gli strumenti e i rapporti con l'autorità giudiziaria.
Dopo una breve introduzione e aver illustrato quali sono le idee di riferimento, la metodologia e il percorso, le Linee entrano nel dettaglio e spiegano i soggetti coinvolti e il contesto dell'affidamento familiare. Il secondo capitolo descrive invece le caratteristiche dell'istituto dell'affidamento familiare e le diverse tipologie di affido. L'ultima parte delle Linee illustra il percorso di affido partendo da azioni di contesto, promozione e informazione. Tre meccanismi strettamente collegati fra loro e fondamentali per muoversi all'interno della conoscenza del tema affrontato.

 

GRR - News - Rapporto Censis sulle famiglie ‘C’è bisogno del padre’

GRR - News - Rapporto Censis sulle famiglie ‘C’è bisogno del padre’

Avvenire: famiglia sotto assedio

Fonte: Avvenire
FAMIGLIA SOTTO ASSEDIO
«Crescere senza punti di riferimento dell'altro sesso è un limite»
Nuclei familiari formati da persone dello stesso sesso. Funziona?
«Molto spesso i bambini crescono in nuclei monoparentali, soprattutto formati da donne. Capita ed è capitato, per esempio quando gli uomini partivano e andavano a lavorare fuori dal paese, emigravano, e la madre doveva cercare l’appoggio e il sostengo di altre figure femminili», spiega la psicologa Maria Rita Parsi.

Ma avere due mamme o due papà non ha nessuna ripercussione sullo sviluppo del bambino?
Quello del padre e della madre sono ruoli di riferimento identitari. Ma non è solo questo il problema. Studi americani hanno dimostrato che chi cresce con sole donne o soli uomini non per questo diventa omosessuale. Per i bambini quel che vale è l’amore. Però è importante che le bambine trovino un punto di riferimento maschile e i maschietti uno femminile per sviluppare e indirizzare la loro ricerca di un partner quando saranno adulti. Crescere con genitori omosessuali senza avere punti di riferimento dell’altro sesso costituisce un limite.
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