Fonte: Italia adozioni

Oggi tema: l’adozione

Il dialogo e il confronto sembrano essere gli “ingredienti” essenziali per una buona collaborazione tra scuola e famiglia. Proprio perché ci sia una maggior collaborazione e conoscenza di quelli che sono i reali bisogni, nascono le associazioni familiari che “danno voce” alle realtà quotidiane per farle giungere fino alle Istituzioni. Anna Guerrieri, vicepresidente di CARE, il Coordinamento delle Associazioni familiari adottive e affidatarie in rete ha aggiunto che vi è la necessità di porre uno sguardo all’adozione, andando oltre le apparenze, vivendo passo dopo passo attraverso la flessibilità. La flessibilità è proprio la parola programmatica che permetterà di scrivere le Linee Guida nazionali sull’inserimento scolastico dei bambini adottati.Il benessere dovrebbe accompagnare l’alunno adottato durante tutto il suo percorso scolastico.
É fondamentale prestare attenzione alla promozione dei diritti scolastici, valorizzando la particolarità di ciascuna storia. Affinché si possa compiere un buon lavoro, é doveroso agire in un’ottica preventiva incrementando l’informazione e la formazione congiunta tra professionisti diversi. La provincia di Bologna dal 2005, attraverso il Coordinamento Provinciale Adozione, é impegnata a promuovere percorsi formativi rivolti ad educatori dei nidi, insegnanti della scuola d’infanzia, primaria, secondaria di primo e di secondo grado sui seguenti temi: adozione, affido e minori in comunità. Il progetto “Vicinanze” é un esempio, tra i modelli formativi, realizzato proprio con lo scopo di dare un quadro informativo sul percorso adottivo e le varie realtà legate all’infanzia. Per fare tutto ciò é necessario costruire una rete di supporto tra scuola, famiglia, équipe adozione ed enti autorizzati.

Un intervento molto dettagliato, in merito alla condizione dei giovani adottati, é stato quello di Rosa Rosnati (professore associato di psicologia sociale, docente di Psicologia dell’ adozione, dell’affido e dell’enrichment familiare, Università Cattolica di Milano) che ha fornito uno sguardo sulle ricerche circa l’adattamento del bambino adottato condotte negli ultimi due decenni. E’ stato indagato se e in che misura i soggetti adottati presentino con maggior frequenza problemi comportamentali rispetto ai coetanei. Dalla meta-analisi effettuata da Van IJzenddoorn e Juffer, che ha coinvolto 25.000 minori adottati, è emerso che, sebbene la maggioranza dei bambini adottati presenti livelli adeguati di adattamento, essi, considerati come gruppo, risultano essere maggiormente a rischio rispetto al resto della popolazione di pari età. Gli adottati tendono a manifestare maggiormente problemi comportamentali sia di tipo esternalizzante (aggressività, comportamenti oppositivi, impulsività, iperattività) sia internalizzante (depressione, ansia, ritiro emotivo) e hanno una riuscita scolastica inferiore rispetto ai coetanei. Se poniamo, invece, i minori adottati a confronto con i coetanei che vivono in istituto o in comunità e che di conseguenza hanno un background di provenienza simile agli adottati in termini di trascuratezza e di istituzionalizzazione, le differenze rilevate vanno a vantaggio dei soggetti adottati. Pertanto seguendo questa prospettiva, l’adozione si configura come una valida possibilità di crescita per quei bambini che sono privi di un contesto familiare adeguato, consentendo loro almeno un parziale recupero.

Sebbene il contesto familiare sia molto importante, in quanto accoglie e accompagna lungo il corso della vita, la scuola talvolta assume un ruolo fondamentale. Per molti bambini, infatti, essa si inserisce sin da subito all’interno della loro quotidianità, visto che nel 2012 l’età media dei bambini adottati è stata pari a 5 anni e mezzo. Per tutti questi minori, “iniziare bene” è un fattore preventivo, affinchè i passi successivi verso il mondo scolastico siano accompagnati dalla serenità. L’età scolare é segnalata come un momento critico, poiché lo sviluppo cognitivo porta a pensare e a riflettere maggiormente sul significato dell’adozione (l’interesse per questa tematica aumenta fino agli 8 anni). Per questo motivo sembra che l’inizio dell’età adolescenziale sia anticipata per chi è adottato, essendo portato a riflettere precocemente su di sè.

All’interno del mondo scolastico, che vede come protagonisti alunno, insegnanti e genitori, talvolta emerge una discrepanza di visioni. A volte, ad esempio, i genitori tendono a sovrastimare la riuscita scolastica dei figli poiché essi cercano, in quei successi, la conferma della loro capacità genitoriale. La testa dei bambini, invece, talvolta appare ingombra di pensieri, preoccupazioni, domande, per questo alle volte non riescono a comprendere le richieste delle insegnanti. I bambini adottivi, riprendendo l’espressione di David Grossman (2007), si possono definire a “zig zag” poiché per essere stati adottati hanno dovuto affrontare percorsi non lineari sin dalla nascita. Quando la memoria si frammenta, tutto si mescola e pertanto alla fine diventa difficile unire il puzzle della propria storia. Per il benessere del bambino e per aiutarlo a ricomporre la propria vita, ciascuno assume un ruolo importante e per questo è fondamentale la collaborazione tra le varie istituzioni e la famiglia.

Avere in classe un bambino adottato è un’occasione speciale, è una grande risorsa che non per forza deve far regredire la classe, bensì può aiutarla a crescere con conoscenze nuove e costruttive. Affinché un bambino possa davvero imparare, due sono le componenti che mai devono mancare in classe: amore e sicurezza, come ha sottolineato la Psicopedagogista Monica Nobile, che ha seguito molti progetti di formazione per insegnanti nel territorio. Insegnare è una vocazione, è lasciare un segno ed è necessario che quel segno sia positivo, per arricchire l’autostima e sentirsi pronti per il domani. Essere figli adottivi, alunni adottivi, non è una patologia, bensì un modo d’essere; non è opportuno normalizzare, ma rendere speciale. E per chi crede che l’atto punitivo sia d’aiuto…. si sbaglia. Le note possono raddoppiarsi, triplicarsi su quei registri senza portare a nessun cambiamento; i figli adottivi hanno subito cose peggiori rispetto alle note, quindi loro le superano, piuttosto sono le insegnanti a rimanere incastrate in un vortice senza tregua. Per un’insegnante è importante fare i conti con le proprie paure prima di poter accogliere quelle degli altri. Per questo i gruppi di mutuo aiuto, anche a scuola, potrebbero essere utili per affrontare insieme e superare i fantasmi che portano solo a creare muri per allontanare ciò che spaventa.

Questo convegno ha messo in luce punti importanti su cui si é lavorato e su cui é ancora necessario lavorare, ma riflettendo su quanto già é stato fatto, si possono trovare le forze per proseguire su questa strada. Concludo con una bellissima citazione che riprende il filo di questa giornata:

Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra. – ‘Ma qual è la pietra che sostiene il ponte?’- chiede Kublai Kan. – ‘Il ponte non è sostenuto da questa o da quella pietra’ -risponde Marco- ‘ma dalla linea dell’arco che esse formano’. Kublai Kan rimase silenzioso, riflettendo. Poi aggiunse: -’ Perché mi parli delle pietre? É solo dell’arco che mi importa’. Polo risponde: – ‘Senza pietre non c’è arco’.” (Italo Calvino – Le città invisibili)

A proposito dell'autore

Greta Bellando
Neolaureata in Scienze Pedagogiche e dell'Educazione con una tesi sull'adozione internazionale, studentessa di Pedagogia all'Universita' di Genova. Appassionata e affezionata alla tematica adottiva.