venerdì 31 maggio 2013

“La mia famiglia è in difficoltà. Mi presti la tua?” Servono 150 famiglie per l’affido

fonte: http://www.vssplive.it/

L’affidamento a Torino è possibile dal 1976. Attualmente sono circa 750 i ragazzi che a Torino sono in affido presso famiglie affidatarie.
Casa dell’Affidamento, progetto del Comune di Torino lancia una pressante richiesta: servono 150 famiglie per ospitare altrettanti minori per cui è stato predisposto l’allontanamento giuridico o consensuale dai genitori. L’alternativa è la comunità.
Diversamente dall’adozione, l’affido è una forma di accoglienza temporanea, indirizzata verso quei bambini e ragazzi che si trovano momentaneamente privi di un ambiente familiare idoneo.
Consensuale o giudiziario, l’affidamento è previsto sia presso nuclei famigliari, sia presso singoli individui, che abbiano disponibilità e idoneità per accogliere in casa propria un minore, così da offrirgli un ambiente famigliare adeguato per un periodo di tempo più o meno lungo (max 24 mesi).
L’affido è previsto per bambini e ragazzi da 0 a 17 anni appartenenti a famiglie in difficoltà con uno o entrambi i genitori che non possono offrire loro tutto ciò di cui hanno bisogno per crescere. È una forma di accoglienza per accompagnare il bambino o ragazzo nella vita di tutti i giorni, nel rispetto della sua storia personale, investendo affetto e senza pregiudizi.
Al giorno d’oggi esistono due modalità d’affido: quello residenziale, per bambini e ragazzi che hanno bisogno di una famiglia e una casa in cui vivere notte e giorno, e quello diurno, che prevede il sostegno solo di alcune ore durante la giornata. La famiglia affidataria accoglie il minore per un periodo di tempo concordato che può eventualmente prolungarsi a seguito delle disposizioni delle parti interessate. I Servizi Sociali affiancano la famiglia affidataria durante tutto il periodo supportando e consigliando in scelte e decisioni. Tra le modalità di supporto alla famiglia affidataria sono previsti anche un rimborso spese mensile e un’assicurazione per tutelare famiglie e bambini da eventuali rischi.
Tutte le famiglie, coppie o singole persone, che si sentono disponibili a questa esperienza e che possiedono nella propria casa lo spazio per accogliere un’altra persona, possono diventare affidatari. Non esiste la famiglia affidataria ideale, ma occorre avere tante disponibilità differenziate: ogni bambino ha, infatti, esigenze differenti e occorre valutare l’impegno, le disponibilità e le risorse dell’affidatario.
La Casa dell’Affidamento di Torino offre quest’opportunità mettendo a disposizione delle persone e delle famiglie disponibili all’affidamento informazioni, incontri specifici e percorsi di formazione, oltre a fornire i contatti con le Associazioni e i Gruppi di auto-mutuo aiuto presenti sul territorio.
La Casa dell’Affidamento è in via San Domenico, 28 a Torino. Per avere maggiori informazioni è possibile chiamare il numero verde 800 254 444 oppure mandare una mail a casa.affido@comune.torino.it o visitare la pagina dedicata www.comune.torino.it/casaffido.

Adozioni in Colombia, aggiornamenti

Modulo Noticias

La Colombia sospende temporaneamente le nuove richieste di adozione da parte delle famiglie straniere per adottare bambini fino ai 6 anni di età.

lunedì 20 maggio 2013

La Cai cambia sede e lascia largo Chigi

fonte: http://www.vita.it/

adozioni internazionali


Da oggi la Cai è “decentrata"

di Sara De Carli

La Cai cambia sede e lascia largo Chigi. Un allontanamento fisico che - speriamo - non sia indice anche di un allontanamento di attenzione

Presidenza del Consiglio, addio. Da oggi la Commissione per le Adozioni Internazionali lascia Largo Chigi, 19 dove ha sempre avuto sede. Gli uffici della CAI sono stati trasferiti in Via di Villa Ruffo, 6 nel palazzo dove ha sede il Cnel. Sono solamente tre chilometri di distanza, che però hanno un sapore amaro: l’allontanamento fisico dalla Presidenza del Consiglio suona fin troppo facilmente come una metafora di un allontanamento di attenzione, cura, preoccupazione per il tema stesso. In un momento, per giunta, in cui le adozioni internazionali sono in grande crisi e ci sarebbe bisogno di un di più di politica a loro supporto.
Un segnale un po' inquietante, che va ad aggiungersi al ritardo sul nome di chi sarà il nuovo presidente della Cai, di chi cioè avrà la delega alle adozioni internazionali: di questa delega, come di quella alla famiglia o alla cooperazione internazionale a quattro settimane abbondanti dalla nascita del Governo Letta non si sa ancora nulla. Storicamente la delega alle adozioni è stata sempre data a un sottosegretario incardinato presso la Presidenza del Consiglio, tranne quando ci fun un Ministro della Famiglia, con Rosy Bindi.


giovedì 16 maggio 2013

Lotta allo spreco e consumo consapevole

"Raccolta di abiti usati per bambini e accessori per la prima infanzia" promossa in collaborazione con il Progetto Serafino e la Caritas Diocesana.




 
Chiunque avesse abiti usati in buone condizioni per bambini e bambine dai 0 ai 12 anni o accessori per la prima infanzia (seggioloni, passeggini, carrozzine, lettini, fasciatoi, giochi, ecc...) può portarli al Centro per le Famiglie in largo Don Minzoni 8,
sabato 18 maggio dalle 9.30 alle 12.30.
 
Nei mesi estivi e a settembre proseguirà un'altra raccolta di materiale scolastico usato e nuovo, come già proposta lo scorso anno e della quale vi faremo presto sapere.
 
Queste iniziative si inseriscono nel programma di "Lotta allo spreco e consumo consapevole" che il Centro sta attuando con altre associazioni della città come forma di sostegno e aiuto per tante famiglie in difficoltà.
 
informazioni complete su:
 
Centro per le Famiglie
L.go Don Minzoni, 8 - Novara
Tel: 0321.3703383
e-mail: centro.famiglie@comune.novara.it
Il Servizio è aperto al pubblico nei seguenti giorni:
martedì: 9.00 - 13.00
giovedì: 9.00 - 13.00 e 14.30 - 17.30
 
  

lunedì 13 maggio 2013

Un cambio di stagione


Un cambio di stagione


Sono ancora immersa in una sorta di bolla italo colombiana, ora che gli ultimi abiti e 'ropa' sono stati riposti nelle borse del cambio stagione. Ma mi sono accorta che non è stato solo quello ad affaticarmi, non è solo fisica la sensazione.... Ho visto scorrere, nel mio tentativo di riordinare le montagne di tessuto intorno a me, gli ultimi tre anni, e sono state emozioni, pure. Voi lo sapete, quando si ri-nasce in una adozione si puo avere anche sette, otto, nove anni e oltre.... Ma quando il tempo passa e ti ritrovi in mano gli abiti indossati dal tuo bambino al primo incontro, questi abiti hanno un valore da fasce post nascita, da zero-tre mesi....
Un enorme salto nel passato, una soddisfazione da dover per forza scrivere, una sorta di eccoci, 'quando sei nata eri vestita così'.... Ma come era piccola!!! La mia bambina era piccolina nei suoi sei anni e otto mesi allora, e io la sua ingenua neomamma la presi in braccio e la strinsi a me. Ora sono qui, seduta al tappeto, stesa tra 'ropa' che mi sembra da bebé a voler stringere a tutti i costi e ad odorare quei momenti di intensità inenarrabile, a toccare quei piccoli sacri vestitini che racchiudono un mondo di paura, felicità, gioie e dolori.

Adozione, impossibile non amarla!
Cristina

sabato 11 maggio 2013

AiBi pubblica la lettera del Presidente dei Minori di Torino, Fulvio Villa


Fonte: www.aibi.it


Adozioni di bambini grandi: sì o no? All’Ufficio Adozioni di Torino l’aggettivo “incollocabile” non esiste

villa
I risultati del sondaggio, lanciato sul sito Ai.Bi., sono piuttosto chiari. Il 94% dei votanti si è espresso a favore dell’adozione di tutti i bambini, anche i più grandi, perché “tutti hanno diritto alle stesse opportunità”. Solo il 6% esprime perplessità, invece, rispetto alle adozioni di minori che abbiano compiuto 8, 9, 10 anni.

Il sondaggio era stato lanciato, il 30 aprile, mettendo a confronto le posizioni e le dichiarazioni diverse di due presidenti di Tribunale dei Minorenni: Fulvio Villa di Torino e Melita Cavallo di Roma. In dieci giorni, oltre al voto, sono arrivati tantissimi commenti.
Alcuni erano il racconto di una storia personale, come quello di Elena: “Mio figlio è un bimbo di 8 anni e sta con noi da 5 mesi. Ogni giorno dimostra che ha bisogno di coccole e la voglia di farle e riceverle. Impedire ai bimbi grandi di essere accolti in una famiglia sarebbe un grandissimo fallimento per tutti”. Altri erano dichiarazioni di principio: “Possibile che non ci siano altri mezzi di scongiurare i fallimenti adottivi se non quello di negare le adozioni a priori?”. Altre di rabbia: “Chi si occupa di minori non può avere delle gran fette di prosciutto sugli occhi!”. Altre ancora evocavano un cambiamento radicale del sistema delle adozioni: “C’è bisogno di una nuova legge”, protesta Loredana. “Quella che c’è costringe i bambini a crescere negli istituti!
Proprio in relazione al nostro sondaggio, il presidente del Tribunale Minorile di Torino, Fulvio Villa ci ha mandato una lettera, che volentieri pubblichiamo. Per il suo contenuto complessivo, per gli importanti chiarimenti e distinguo, e per una frase che ci ha particolarmente colpito e commosso:
“All’ufficio adozioni di Torino l’aggettivo ‘incollocabile’, riferito a un bambino in stato di abbandono, non può essere pronunciato da nessuno”.
In relazione al sondaggio proposto sui Vostri rispettivi siti di News, che trae spunto da una presunta diversa impostazione data dal Tribunale Minorile torinese e da quello romano in relazione alla adozione di bambini grandicelli,mi pare doveroso fare alcune precisazioni finalizzate a meglio comprendere l’indirizzo consolidato dell’ufficio adozioni del Tribunale di Torino e a dirimere ogni equivoco con riferimento alla adombrata ma probabilmente non effettiva divergenza di impostazione tra i due tribunali.
Presiedo il Tribunale per Minorenni di Torino (che territorialmente si occupa di minori del Piemonte e della Valle d’Aosta) da quasi sei anni e sin dall’inizio ho sempre ritenuto, alla luce della mia prolungata esperienza in materia minorile, che ogni bambino in stato di abbandono, privo di riferimenti genitoriali (e spesso di riferimenti in genere, esclusi gli operatori della comunità in cui vive), debba avere diritto ad una possibilità, anche se, non per colpa sua, è ormai grandicello.
E’ noto che in passato i bambini che avevano più di otto anni non venivano neppure dichiarati adottabili; effettivamente è difficilissimo trovare una risorsa familiare idonea ad accogliere quale figlio un bambino che ha alle spalle esperienze spesso forti, devastanti e per motivi anagrafici ormai radicate nei loro aspetti negativi. E d’altro lato gli esperti affermano che di fronte a danni psicologici ormai radicati sia difficilissimo sperare in un recupero e che eventuali probabili fallimenti costituirebbero un ulteriore gravissimo danno psicologico al minore, che in tal modo si sentirebbe per l’ennesima volta rifiutato, inadeguato, perdente.
Queste osservazioni sono giuste e sono anche applicabili ai bambini in tenera età, portatori di gravi handicap ed in stato di abbandono. E’ noto che le numerosissime disponibilità alla adozione fanno quasi tutte (salvo poche eccezioni) riferimento a bambini in età prescolare e sani (o con problemi sanitari risolvibili).
Queste disponibilità limitate le capisco benissimo ed apprezzo che, nell’avvicinarsi a un percorso di genitorialità adottiva, gli interessati siano consapevoli dei loro limiti e delle loro capacità. Questo è fin troppo ovvio.
Però questi bambini italiani troppo grandi o portatori di grave handicap esistono ed hanno bisogno di qualcuno che li tuteli, che combatta per loro, che creda in loro, che non molli la presa e che insista fino a quando è possibile trovare loro i giusti genitori adottivi.
Quale giudice minorile ho sempre sentito in me questo dovere prima di tutto morale e all’ufficio adozioni di Torino l’aggettivo “incollocabile”, riferito ad un bambino in stato di abbandono non può essere pronunciato da nessuno. Non bisogna mollare la presa e bisogna continuare a cercare fino a quando si trova la risorsa giusta.
Apro una parentesi:
Prima di diventare presidente del TM ho fatto parte di un gruppo di giudici minorili, il gruppo “cerco famiglia”sorto nell’ambito della associazione dei magistrati minorili.
Lo scopo del gruppo era quello di trovare famiglie per gli “incollocabili” piccolini e portatori di gravi (spesso gravissimi) handicap. I casi “disperati” ci venivano segnalati dai tribunali o dai servizi territoriali e noi cercavamo di sensibilizzare nelle sedi opportune l’opinione pubblica con lo scopo di trovare genitori adottivi all’altezza della situazione
Senza entrare nel dettaglio, posso affermare che alla fine dell’esperienza durata circa cinque anni abbiamo sistemato circa cinquanta bambini aventi le caratteristiche sanitarie suddette, provenienti da tutta Italia e “sistemati” in famiglie di tutta Italia.
Posso affermare che continuo ad avere notizie di questi bambini e che non vi è stata neppure una restituzione. Mi colpisce molto ogni volta quando i genitori mi ringraziano per aver contribuito ad arricchire la loro vita, anche se il loro bambino è su una sedia a rotelle (ma con un meraviglioso sorriso).
Ma v’è di più.
Questi bambini stanno molto bene (compatibilmente con i loro problemi fisici), sono amati, accolti senza riserve. Alcuni erano all’inizio dei “vegetali”, bambini che non rispondevano agli stimoli e che parevano assolutamente irrecuperabili.Gli stimoli e l’amore dei genitori hanno fatto veri e propri miracoli; adesso quando me li portano in visita vi assicuro che non credo ai miei occhi nel vederli che camminano, che parlano e capiscono, che sono felici. E rimango veramente commosso nel vedere la gioia dei genitori adottivi.
Sono soddisfazioni che umanamente (prima che professionalmente) hanno un valore immenso. Per questo motivo per me e per i miei collaboratori dell’ufficio adozioni (quattro giudici togati, dieci onorari, tre assistenti sociali) la parola “incollocabile” non è pronunciabile.
Tornando a parlare di bambini grandicelli, da alcuni anni il nostro Procuratore della Repubblica Minorile ha iniziato a chiedere l’apertura dei processi di adottabilità anche per bambini grandi, anche fino ai tredici anni.
Vi è piena collaborazione tra i nostri due uffici e il pensiero è comune e condiviso. Certamente è molto difficile trovare la risorsa giusta per questi bambini. Talvolta la ricerca dura anche sei mesi, un anno. Ma non molliamo.
Attualmente abbiamo circa dieci bambini dai dieci ai dodici anni in attesa e neppure una famiglia disponibile. 
L’ANFA ci ha aiutato moltissimo nel concreto, attivandosi e riuscendo in passato a trovare valide risorse su casi veramente difficili.
Mi auguro che anche altre associazioni di famiglie adottive collaborino in questo senso, trattandosi di un problema che riguarda tutti, non soltanto il tribunale.
Riflettete: ci sono bambini grandicelli che tramite gli educatori mi fanno sapere che continuano ad aspettare i nuovi genitori!
Mettetevi in gioco, famiglie adottive! Le discussioni teoriche sono importanti, ma nel concreto ci sono bambini italiani che aspettano nuovi genitori!
La situazione è molto delicata perché le osservazioni degli specialisti sulla radicazione del danno psicoevolutivo e sull’alto rischio di fallimenti è vera. Ciò però non deve scoraggiare, nel timore di sbagliare e di fallire, essendo invece importante, nella consapevolezza dei rischi, adottare tutte le cautele necessarie.
Prima fra tutte è la presenza di una adeguata equipe di territorio che garantisca sostegni prolungati alla coppia ed al minore. Il momento della selezione costituisce poi un’operazione laboriosa e difficile. Per ogni bambino talvolta vediamo e approfondiamo anche venti coppie, oltre che conoscere il minore e rimanere schiavi del suo sguardo… La conoscenza diretta del bambino da parte del giudice ha due vantaggi: in primo luogo averlo visto con tutte le sue speranze e le sue sofferenze non ti consente più di “mollarlo” e dì occuparti di diversi casi. Non puoi dimenticarti di lui. In secondo luogo la sua conoscenza diretta, la consapevolezza delle sue abitudini nel quotidiano, il coinvolgimento degli educatori della comunità sono tutti elementi che permettono di arrivare ad un abbinamento avendo molti elementi di giudizio, che non sono soltanto le “carte processuali”.
Orbene posso affermare che negli ultimi anni abbiamo trovato famiglie ed un rilevante numero di bambini grandicelli.
Quale presidente dell’ufficio adozioni che segue personalmente tutti i casi posso affermare che non vi è stata neppure una restituzione. Vi sono stati momenti di difficoltà, anche grave. La coppia però avendo avuto un contatto diretto con il giudice è in grado di chiedere aiuto, di segnalare direttamente le difficoltà, con la conseguenza che immediatamente si convocano gli operatori che seguono il caso, con i genitori adottivi (che è doveroso coinvolgere direttamente). Indubbiamente i genitori non devono mai essere lasciati da soli; per questo è fondamentale che l’equipe adozioni del territorio sia coinvolta e creda in quel determinato abbinamento.
L’abbinamento avviene con gradualità e cautela: deve nascere una simpatia reciproca che spesso richiede tempi lunghi. Altre volte dopo il primo incontro il bambino prepara la valigia e mi fa sapere che è pronto. Bisogna allora cercare di calmarlo, di farlo riflettere, di usare gradualità.
Ogni errore di sottovalutazione può creare danni gravi al bambino. Ormai siamo abbastanza abituati ed esperti e cerchiamo di non sbagliare. Certamente non bisogna vivere con la paura di fare danni. Dobbiamo mettere in conto questo rischio che, come detto, per fortuna fino ad oggi non si è verificato. 
Breve cenno ai piccolini con gravissimo handicap: tutti in famiglia adottiva, ad eccezione di due che sono ancora in famiglia affidataria per i quali stiamo cercando gli adottivi (sono in corso colloqui anche con coppie che ci cercano da diverse regioni). Questa è la situazione dei bambini italiani in stato di abbandono che si trovano in Piemonte ed in Valle d’Aosta.
Diversa la situazione per i bambini grandicelli che provengono da diversi Stati (adozione internazionale).
La gradualità, il lavoro di approfondimento preventivo, i confronti tra giudici ed operatori, la somma delle diverse sinergie e professionalità sono elementi che non possono verificarsi quando una coppia si reca all’estero per adottare un bambino.
Le statistiche dicono che le percentuali di fallimento sono molto basse. Personalmente ho occasione di confrontarmi con situazioni di fallimento più frequentemente di quanto si possa pensare. Sono cause di limitazione di potestà che non rientrano nell’operato dell’ufficio adozioni e che vengono assegnate ai singoli giudici.
Io posso parlare per quello che vedo e in particolare per il mio ruolo civile (cause ex artt. 330.333.336 c.c.) che assomma circa 400 cause all’anno (sulle tremila globali). Una decina di casi nell’ultimo anno vi sono stati, nell’ambito delle cause che io istruisco.
Sono per lo più bambini adottati all’estero quando avevano 8/10 anni. In molti casi emergono problematiche di tipo mentale/caratteriale che esplodono dopo qualche anno. Nei miei casi i bambini hanno dovuto essere inseriti in comunità per richiesta degli stessi genitori, che non sanno più gestire la situazione. Il più delle volte accertiamo che il legame si è instaurato e quindi lavoriamo in questo senso per recuperare la relazione e smussare gli aspetti critici.
Sono casi complessi, per fortuna pochi rispetto alle moltissime adozioni che vanno bene. Pochi ma in ogni caso molti.
Penso che le riflessioni della mia collega di Roma facciano riferimento alle adozioni internazionali e la sua preoccupazione non può che essere condivisa da me. Basta fare un esempio: una delle situazioni più difficili è quella di gestire la adozione di un bambino che abbia subito un abuso sessuale. Pochi sono i soggetti in grado di fronteggiare positivamente questa situazione. Nel caso di bambino italiano in genere si hanno molte notizie sui pregressi trascorsi traumatici del minore e la coppia viene scelta sapendo quelli che sono i problemi e le capacità genitoriali. La coppia è coinvolta, responsabilizzata, viene messa al corrente di tutto.
Spesso ciò non è possibile nel caso di una adozione di un bambino straniero con la conseguenza che la coppia adottiva può trovarsi a dover gestire problematiche molto difficili, che spesso non emergono subito ma dopo uno, due anni, rispetto alle quali i genitori sono impreparati. Se si tratta di un bambino piccolo è più facile rimediare ed intervenire; con un bambino grandicello tutto diviene più complicato.
Con ciò spero dì avere chiarito le mie posizioni onde evitare equivoci e fraintendimenti.
Il presidente
Fulvio Villa

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venerdì 10 maggio 2013

Le nonne argentine alla ricerca dei "nipoti" mai visti e perduti, Solidarieta - diritti umani


Le nonne argentine alla ricerca dei "nipoti" mai visti e perduti


Durante la dittatura (1976-1981)  una volta dati alla luce, i bambini di quanti venivano eliminati gettati da elicotteri o aerei durante i famigerati "voli della morte", venivano dati in adozione. Almeno 500 bambini sono nati così in quel periodo, senza mai aver conosciuto il seno materno né il calore della propria famiglia. Uno di questi è Guido, il nipote di Estela Carlotto fondatrice di Abuelas de Plaza de Mayo
ROMA - Nell'Argentina della dittatura - 1976-81 - dramma nel dramma, si è perpetrato un crimine sistematico orribile. Le donne oppositrici del regime e incinte, venivano rinchiuse e lasciate vivere fino al momento del parto. Una volta dati alla luce i loro bambini, venivano torturate e uccise o, ancor peggio, gettate assieme a tanti altri oppositori, dalla plancia di elicotteri o aerei nei famigerati "voli della morte". Si calcola che almeno 500 bambini siano nati così in quel periodo, senza mai aver conosciuto il seno materno né il calore della propria famiglia, e che siano stati dati immediatamente in adozione a coppie vicine al regime o, addirittura, agli stessi aguzzini, con il permesso compiacente di giudici corrotti.

"Posso solo immaginare il suo viso". Uno di questi è Guido, il nipote di Estela Carlotto (meraviglioso il film sottotitolato che narra della sua vita Verdades Verdaderas), la fondatrice di Abuelas de Plaza de Mayo, cui nel 1976 è stata strappata la figlia Laura al quinto mese di gravidanza. Da quel momento, la nonna non ha mai smesso di cercarlo. "Sogno spesso di riabbracciarlo - dice sotto i suoi capelli bianchi e lo sguardo fiero - e immagino il suo volto, sovrapponendolo a quello di Laura e del papà, anche lui ucciso nei campi di concentramento. È una lotta impari che, fino ad oggi, però, ci ha dato anche tantissime gioie". 108 per l'esattezza. È questo il numero dei "nipotini" ritrovati dalle infaticabili nonne (e nonni), con l'aiuto di centinaia di volontari, avvocati, difensori di diritti civili, semplici simpatizzanti.

Quattro nipoti ritrovati ogni anno.
Dall'inizio dell'uso del DNA a scopi forensi (1986) in poi, la ricerca ha avuto un'accelerazione incredibile, con un ritmo di circa 4 nipoti ritrovati all'anno. Nel frattempo l'associazione si è organizzata lanciando campagne ad hoc in tutto il mondo. "Anche qui in Italia - spiega Marcela Pinedo una giovane italo-argentina che si occupa della campagna nel nostro Paese - perché alcuni dei bambini possono essere stati fatti espatriare subito e, oltre ai paesi limitrofi, pensiamo che alcuni siano giunti in Italia i cui legami con l'Argentina sono di vecchia data: la stessa Estela ha origini italiane".

La Rete Identità.
"Hai tra i trenta e i quaranta anni, sei nato in Argentina e hai dubbi sulla tua identità?" recita lo spot che lanceranno a breve su FB: Rete Identità e che sperano ricongiungerà nuovi "nipoti" alle braccia dei loro nonni. Da qualche mese, poi, le Abuelas sperano di aver trovato un alleato in più. "Mercoledì 24 aprile, ho avuto un colloquio con il Papa molto incoraggiante. Gli ho consegnato una lettera in cui semplicemente chiediamo di aiutarci a ritrovare i nipoti. Siamo certi che la Chiesa, aprendo gli archivi di quel periodo, consultando i prelati e le istituzioni, spesso compiacenti, affiancandoci in questa lotta, possa dare un enorme contributo materiale oltre che morale". Potrebbe essere un passo fondamentale per affrancarsi dalla pesante eredità lasciata dal Cardinale Pio Laghi e gran parte del clero argentino.

Il Gruppo Post Adozione è su Facebook!



Benvenute a tutte le famiglie conosciute durante i nostri incontri! Vi piace la nostra pagina del nostro gruppo?


https://www.facebook.com/GruppoPostAdozioneNovara?sk=wall&filter=1&notif_t=wall 



In questi anni è stato piacevole, utile, confortante e per molti di noi indispensabile partecipare agli incontri Post Adozione offertoci dall'Equipe Sovrazonale per le Adozioni Internazioni e Nazionali, del nostro Comune, Area Servizi Sociali ed Educativi.

Ci siamo incontrati e confrontati sulle temaniche che più ci stavano a cuore, per il bene dei nostri figli, per la loro felicità.

I nostri bambini si sono conosciuti e hanno giocato insieme... insomma, abbiamo saputo tutti cogliere una grande e preziosa opportunità, quella della condivisione e confronto.

Sapete... possiamo proseguire questo percorso ritrovandoci in autonomia, e proseguendo la frequentazione e la nostra relazione, trovando in tante differenti opportunità motivi di riflessioni, ma anche di feste e di giochi.... Questa nostra pagina sarà il fulcro, per ogni nostra iniziativa!

Quindi, qui vi aspettiamo e da qui proseguiremo!

un saluto e a presto

La redazione

Vacanze bambini colombiani: un nuovo progetto



- Possono aderire le coppie in possesso del decreto di idoneità;
- Sulla base delle disponibilità della coppia viene proposto un abbinamento del bambino/i a cui far fare questa "vacanciones";
- la coppia sostiene il costo per la preparazione del bambino (gli fanno un corso base di italiano);
- Il personale ICBF (non ho capito se è solo un operatore o anche il giudice tutelare) vengono a proprie spese in Italia e permangono qualche giorno (forse 2 o 3) presso la coppia ospitante insieme al bambino e valutano la famiglia che eventualmente si andrà a creare nonchè l'affiatamento ed il legame che si crea con il bambino/i;
- la permanenza del bambino in famiglia è di circa 18 giorni;
- dopo la partenza del bambino , entro 15 giorni, la coppia può presentare domanda di adozione per quel bambino che, a quanto riferiscono, verrebbe accettata se è andato tutto bene in famiglia (riferiscono che non è sicuro ma quasi, diciamo molto probabile);
- la partenza per la Colombia avverrebbe dopo la presentazione di tutti i documenti all'estero e l'accettazione delle Autorità Colombiane (periodo che varia dai 4 ai 6 mesi);
- la permanenza in Colombia dovrebbe essere un po' più breve del previsto in quanto si salta la tappa dell'entrega e dell'integracion (già espletate in Italia).


per informazioni: www.lamaloca.it
Facebook: Centro Adozioni La Maloca Onlus

mercoledì 8 maggio 2013

Essere abbandonati, non avere più nessuno su cui contare è come spaccarsi un braccio. Solo che non si vede che è rotto.

Fonte: www.style.com

Noi, quelli dell'affido

Ilaria Bellantoni 08 maggio 2013
Hai già dei figli. Oppure no. E puoi anche essere single. A un certo punto, decidi di aprire la tua casa e aiutare un bambino in difficoltà. Cresce con te, per un po'. E tu con lui, genitore a tempo. Chi l'ha fatto spiega che è una grande avventura. Leggete qui.
Bella, questa famiglia: Monica, 48 anni, Marta, 15, Elia,8, in braccio a papà Johnny, 50. In mezzo, Mirko, 19: dopo otto anni d'affido ha scelto di restare con loro invece di ritornare alla famiglia d'origine.
Qui c'è posto e la famiglia si può allargare. Johnny, 50 anni, e Monica, 48:«Ci sentiamo una grande squadra»
Essere abbandonati, non avere più nessuno su cui contare è come spaccarsi un braccio. Solo che non si vede che è rotto. 


domenica 5 maggio 2013

Adozioni internazionali, il ruolo delle associazioni e del volontariato

Fonte: www.milano.corriere.it

Adozioni internazionali, il ruolo delle associazioni e del volontariato
Onlus cruciali nel sostegno dopo che arrivano i bambini. È nel post che comincia la salita

L’impegno sociale a tempo pieno, quello che implica la rinuncia ad una vita magari più comoda e senz’altro meglio stipendiata, a volte nasce dalle difficoltà che si incontrano nella vita personale. Così è successo a Paola Crestani, donna forte di grandi ideali, ex docente di matematica, coppia storica con il marito Lorenzo. Dieci anni di fidanzamento, a trenta le nozze e subito due figli naturali. Ma anche la voglia di adottarne un terzo, «per dare ad un altro bambino dei fratelli e una famiglia». Paola e il marito avanzano richiesta per una adozione internazionale e a quel punto, nel loro atto generoso, vanno fino in fondo rendendosi disponibili a ricevere anche ragazzini con handicap. Nel tempo libero lei comincia a dedicarsi al volontariato al Ciai, Onlus storica nel campo. Passano quattro anni, nel frattempo nasce il secondo figlio e infine dall’India arriva finalmente la terza, Shanti, all’epoca 2 anni oggi 17, con una lieve paralisi agli arti. «Non si possono, anzi non si devono, negare le difficoltà - dice Paola - il nostro è stato un percorso lungo e faticoso: prima, tra formazione genitoriale e attesa, e soprattutto dopo, perché Shanti accettasse la sua storia di abbandono e la sua disabilità».
DALLA DIFFICOLTÀ ALL’IMPEGNO - All’epoca le Onlus non erano strutturate come sono (solo in parte) oggi per accompagnare le coppie nel post-adozione ed è stata questa lacuna, di cui scriviamo sul Corriere di domenica 5 maggio alle pagine della Città del bene, a spingere Paola verso il volontariato a tempo pieno. Ci voleva coraggio, però: «Avevo l’idea in testa e non riuscivo a concretizzarla. Quell’estate ho portato marito e figli di 8 anni, 10 e 13 in un campo solidale in Etiopia: ed è stato lì, nell’alba etiope, che i dubbi mi si sono dissipati».

LA NUOVA VITA - Tornata a Milano e lasciato l’insegnamento Paola si è tuffata nella nuova avventura e negli anni è diventata presidente del Ciai, sempre da volontaria (“contare in cinque solo su uno stipendio costa sacrifici ma a casa tutti, marito e figli, condividono questo progetto, è diventato un po’ il nostro»). L’impegno come presidente è sempre più concentrato a garantire un buon sostegno nel post-adozione: «L’età dei bambini sale, sempre più spesso sono grandicelli e con bisogni speciali. Eppure il costo dei percorsi con psicologi specializzati, sia per le coppie sia per i ragazzi, è a carico delle famiglie, con poche possibilità di essere rimborsati dal pubblico». Servirebbero convenzioni con i servizi regionali per ridurre i prezzi, sprona. E sarebbe utile che il Comune favorisse la nascita di una rete tra enti e terzo settore in questo campo. Paola, presidente del Ciai, su questo fronte si batte. E Shanti, ormai piccola donna, è spesso impegnata al suo fianco.

Elisabetta Andreis
4 maggio 2013 | 13:01

ItaliaAdozioni sostiene la petizione alla Presidenza della Repubblicaper l’istituzione della “Giornata Nazionale dell’Adozione”

Fonte: italiaasozioni- http://www.italiaadozioni.it/?p=7788


Da un paio di settimane ItaliaAdozioni sostiene la petizione alla Presidenza della Repubblica per l’istituzione della “Giornata Nazionale dell’Adozione” ideata da Fabio Ceseri.

Fabio è un papà adottivo che ha atteso 5 anni prima di partire per il Vietnam per incontrare “la nostra ragione di vita Mai Anh” come ci racconta. “Sono da sempre impegnato nel sociale avendo fatto il volontario in molte associazioni. Ho fondato e sono stato presidente di una cooperativa sociale di tipo A. Attualmente lavoro al Villaggio San Francesco a Scarperia e faccio volontariato come responsabile di una piccola struttura che accoglie persone senza fissa dimora. Sono sposato dal 1993 con Donella. Abbiamo avuto l’idoneità per una seconda adozione e avendo nostalgia del Vietnam, vorremmo di nuovo adottare in questo paese.”


Adozioni internazionali, il ruolo delle associazioni e del volontariato - Milano

Adozioni internazionali, il ruolo delle associazioni e del volontariato - Milano

venerdì 3 maggio 2013

«Ma che fine fanno i bambini italiani?»

fonte: www.vita.it

di Antonietta Nembri

Preoccupato il presidente di Aibi: nonostante l'attivazione della banca dati dei minori adottabili mancano informazioni precise. Con oltre 30mila coppie disposte all'adozione nazionale, «centinaia di bimbi restano senza famiglia»

Mistero fitto sui minori fuori famiglia in Italia. Ne è convinto Marco Griffini, presidente di Aibi – Associazione amici dei bambini che, dati alla mano, lancia l’allarme chiedendo: «Quando sarà effettivamente attiva la banca dati dei minori adottabili e delle coppie disponibili all’adozione? Come si fa ad andare avanti senza informazioni precise?»
L’assenza di risposte precise, continua Griffini genera «preoccupazione per la sorte dei minori adottabili accolti nelle strutture di accoglienza italiana. In centinaia restano senza una famiglia quando ci sono 30mila coppie che aspettano».

L’associazione ricorda che il dipartimento per la Giustizia minorile del ministero della Giustizia ha risposto al Gruppo Crc (composto da oltre 80 associazioni italiane che monitora lo stato di attuazione in Italia della Convenzione Onu sui diritti dei minori) comunicando i dati aggiornati disponibili in materia di adozione. Un risposta che dimostra secondo Aibi «una incomprensibile mancanza di dati sui minori adottabili e non ancora adottati».

Nonostante, infatti, con un decreto del 15 febbraio scorso, sia stata formalmente attivata la banca dati dei minori adottabili e delle coppie disponibili all’adozione, nella comunicazione è spiegato soltanto quali “saranno” i dati contenuti nella banca dati, con ciò lasciando nascere il legittimo sospetto che una effettiva raccolta di dati ancora non esista. Del resto non si sa ancora nulla sulla conferma o meno della stima diffusa alcuni mesi fa dall’Istituto degli Innocenti sulla presenza in Italia di circa 2.300 bambini in attesa di adozione.

I minori dichiarati adottabili nel 2011 sono stati 1.251 di cui 359 con genitori ignoti e 892 con genitori noti, mentre le adozioni nazionali pronunciate nello stesso anno sono state 1.016.

«E gli altri minori che fine hanno fatto?» si chiedono ad Aibi osservando che «basta fare una semplice sottrazione per accorgersi che 235 minori sono rimasti senza una famiglia». E l’esercizio contabile di Aibi prosegue ricordando che: «Nel 2010, i minori dichiarati adottabili sono stati 1217 e le adozioni 1003, quindi 204 bambini non sono stati adottati. Così pure nel 2009, a fronte di 1320 dichiarazioni di adottabilità, sono state pronunciate solo 1018 adozioni, lasciando senza famiglia 302 bambini».
Insomma, ogni anno esistono minori dichiarati adottabili, ma non adottati.
Alla luce di queste notizie, il dato  impressionante riguarda il numero di coppie disponibili all’adozione di minori italiani ma lasciate giacenti: sono oltre 33mila! Di queste disponibilità, ben 9.795 risultano presentate solo nel 2011.


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