lunedì 11 marzo 2013

Affido part-time Metti un bimbo nel weekend

fonte: http://archiviostorico.corriere.it

Genitori e figli. Il Comune rilancia l'aiuto per i minori

Affido part-time Metti un bimbo nel weekend

Le nuove forme flessibili di sostegno «Siamo tutti una risorsa, ad ogni età»

di Andreis Elisabetta


Solo un minore su quattro trova la famiglia affidataria di cui ha bisogno.
Gli altri, troppi, restano in comunità o con genitori naturali che non riescono ad occuparsi di loro.

Cosa frena nell'accogliere temporaneamente un bambino in casa?
Perché le porte aperte, di fronte al bisogno, non sono molte di più?
«Forse le famiglie pensano di rimanere sole durante l'affido, ma non è così: abbiamo rilanciato il servizio e oltre al contributo economico, offriamo formazione e supporto psicologico costante in rete con le realtà non profit», spiega l'assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino.
«Sono una risorsa non solo le famiglie con o senza figli ma anche pensionati e single, è bene ribadirlo. Di caso in caso viene scelto il contesto più idoneo per il minore», fa eco Beatrice Fassati di Fondazione Cariplo che in tema ha finanziato diversi progetti.
E Matteo Zappa, della Caritas: «Ci sono tante forme di affido. Il tradizionale tempo pieno è indispensabile per l'emergenza più grossa, ma si può offrire aiuto anche con un impegno più limitato».
Alcuni bambini, spiega, non sono pronti per entrare in una famiglia diversa da quella naturale sostenendo in parallelo due legami così forti: per loro è meglio un'accoglienza parziale. «In questi casi la disponibilità dei "genitori solidali" è per il week end, le vacanze o certi giorni della settimana. L'importante è la garanzia di continuità nel periodo concordato che, per il 60% delle storie, finisce entro i due anni».
Il rapporto con i «veri» genitori L'affido part time è più leggero di quello tradizionale? In termini pratici sì, ma emotivamente dipende, dice Chiara Lupo, psicoterapeuta: «Il rapporto con i genitori naturali in questo caso è molto stretto, è come avere in affido il minore e anche un po' la sua famiglia».
Cruciale è non porsi mai in contrapposizione, «semmai in aggiunta: perché anche l'altro modello educativo è molto presente».
In altre parole occorre tenere bene a mente che il mandato è aiutare il figlio a ricucire il suo rapporto con i genitori valorizzandoli nel loro ruolo e «in quel poco che possono e vogliono dare». Non che sia facile però, come testimonia Antonella Pagani, tre figli dai 14 anni ai 7 e, nei week end, due gemelle di 2 anni: «Talvolta la mamma naturale si mostra irritata invece che contenta per le cure riservate alle sue bimbe in affido. Altre volte davanti alle sue incursioni non programmate c'è stato bisogno di ribadire, con l'aiuto dell'assistente sociale, che pur volendo essere flessibili la nostra organizzazione familiare non ci consente di fare molto di più di quanto concordato all'inizio».
Sottolinea per contro le opportunità Mariella Rizzi, tre figli dai 5 anni agli 11, una bimba di 9 in affido e l'idea di provare in futuro con la formula part time: «La stretta interazione con i genitori naturali è una sfida, non mi spaventa.
L'obiettivo? Creare complicità, arrivare a considerarsi come facce della stessa squadra, senza sterili gelosie. Chi comincia non smette. Se chiedete alle famiglie affidatarie perché hanno fatto questa scelta ognuna vi risponderà in modo diverso. Una cosa però è comune a molte: non si fermano alla prima esperienza. Massimo ed Enrica Pini, cinquant'anni, sposati da 25 e senza figli, sono alla loro «quarta volta». «Gli altri sono stati affidi tradizionali, tutti adolescenti con una fatica enorme nel rispetto delle regole. Lì per lì ti senti un fallito ma nel lungo periodo, se il rapporto resiste, vedi che la micro-disciplina respirata a casa li ha fatti crescere. E questo ti ripaga di tutto». Adesso con loro c'è Anita, solo nei week end: «È tutto più leggero.
E i servizi sociali, grazie alla collaborazione delle Onlus, danno molto più sostegno rispetto ad una volta». Rincara Marilia Botti, 5 figli più altri 8 avuti in affido nel corso degli anni: «È un'esperienza di crescita per tutti noi: l'ambiente naturale dei ragazzi è la famiglia, vogliamo trasmettere il valore, anche sociale, della solidarietà tra genitori».
E se alla fine il cerchio si chiude con il minore che torna sereno nel nucleo d'origine la felicità è per tutti. Per i genitori naturali che durante l'affido, alleggeriti nei loro compiti, possono più facilmente recuperare competenze (economico-lavorative, ad esempio). Per gli affidatari, che possono decidere se aiutare un'altra famiglia a ritrovarsi. E per loro, i piccoli che diventano grandi.

Andreis Elisabetta
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