venerdì 22 febbraio 2013

L'amore delle madri che imprigiona i figli: la mia riflessione

Adoro Twitter, #sapevatelo!


Un social network che seguo con interesse e passione e dal quale molto ricevo, in termini di spunti, formazione, di riflessioni, di informazioni, di relazione grazie a professionisti di ambiti anche diversi. Ieri, tra questi, un contatto blogger, una mamma, mi segnala questo articolo, al quale rispondo con un abbozzo di riflessione veloce.

Questo è 'articolo nella sua completezza.

A seguire ora la mia riflessione, penso completa, ad oggi...
Cristina
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L’amore delle madri che imprigiona i figli

di MICHELA MARZANO
Ordinario di filosofia morale all'Université Paris Descartes. Direttrice del Dipartimento di scienze sociali (SHS Sorbonne). Collaboratrice della Repubblica...

ESISTONO ormai in tutto il mondo blog e diari online tenuti dalle mamme. Luoghi di discussione e di dibattito che permettono a tante madri di condividere non solo esperienze e problemi personali, ma anche proposte politiche e riflessioni profonde sulla condizione femminile.

Luoghi di crescita e di confronto quindi. A meno che la maternità non si trasformi in una nuova prigione - non solo per le madri, soprattutto per i figli - come sembra accadere in un blog tutto italiano, 'Io e mio figlio', la cui pagina Facebook è seguita da più di 500.000 persone. "Mio figlio è il regalo più bello che il cielo mi ha fatto". "Ricchezza è sapere che tuo figlio non ti lascerà mai". "Solo una mamma può capire! Quel bambino è diventato un uomo, ma per te resterà sempre il tuo piccolo".

E così via di seguito, come se i bambini fossero una proprietà; come se la maternità legasse per sempre a questi figli che, invece di avere il diritto di vivere poi la propria vita, non potessero mai essere "altro" che figli! Certo, commuove vedere tanto affetto e tanta devozione. Certo, la maternità cambia la vita di ogni donna costringendola a fare i conti con chi non ha chiesto niente e dipende in tutto da lei. Ma i figli non hanno soprattutto bisogno di essere accompagnati verso l'indipendenza per diventare autonomi? Non c'è altrimenti il rischio di trattare i bambini come oggetti, il cui compito sarebbe quello di colmare il proprio vuoto interiore?

Essere genitori, come spiega chiaramente il pedopsichiatra D. W. Winnicott, significa permettere ai figli di crescere e di imparare ad arrangiarsi da soli. È per questo che si ha il dovere di accogliere i propri bimbi per come sono e di accettarne le specificità, senza trattarli semplicemente come degli oggetti a propria disposizione. L'amore è sempre amore della differenza. E non c'è amore più grande di quello che lascia liberi. Altrimenti, si tratta solo di una parola vana che nasconde l'impotenza di chi, incapace di accettare la differenza altrui, strumentalizza i figli per sentirsi onnipotente.

Twitter @MichelaMarzano
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e ho sentito il nome 'mamma' e mi sono girata, mi sono sentita chiamare in causa, in effetti sono mamma, o meglio, sono mamma a tutti gli effetti.
Si, sono mamma di mia figlia, una bambina nata da una altra donna, una donna che l'ha tenuta dal concepimento fino ad un 'certo tot'  con sé, che l'ha sentita crescere nel suo ventre, una donna che l'ha nutrita attraverso la sua alimentazione, una donna che si accarezzava il ventre mano mano che cresceva, una donna che ha provato il dolore del parto, che ha 'staccato' il cordone ombelicale che le ha unite per nove lunghi mesi, una donna che l'ha abbracciata ancora sporca e piangente e l'ha - presumibilmente - attaccata al seno.

Io, di questa esperienza, del cui valore sento e riconosco tutto, non ho nulla. Per andare a sentire le emozioni di mamma e di nascita, del nostro attuale legame, devo spostarmi su altri piani, esperienze comuni, comunque recenti, recentissime ad entrambe.
E mi interrogo spesso, o meglio, vorrei spesso interrogare le mamme biologiche sul peso, sul valore che ha questa 'biologia', a me mancante, nel favorire e agevolare la relazione tra mamma e figlio, o piuttosto creare lo sgambetto e far inciampare lungo il processo di separazione tra se e il figlio a tal punto da essere coinvolte dentro l'altra persona, inglobandola a se e confondendo due mondi invece a sè stanti.

Oltre al biologico, anche somaticamente, con mia figlia non ho nulla in comune. Siamo diverse, e lei è pure bella, e io non posso neppure dire 'ogni scarraffone è bello amammasua'….
E a volte, quando lei si specchia riconosce nell'immagine che le viene rimandata un'altra persona, legata al suo passato. Non c'è dolore in lei, c'è constatazione pura, pura osservazione. Ma io non ci sono.

Ho una figlia e questa bambina ha me, siamo mamma e figlia, io di questo non ho alcun dubbio. Ora, mentre scrivo, sono su un piano riflessivo, di tentativo non so se riuscito di analisi ma, nel consueto, quando la guardo, amandola, non vedo altro che mia figlia e non penso da dove è nata, se dalla pancia o dal cuore, né da chi. Seppur partendo da tra anni addietro fino a qui abbiamo già una storia intensa, un prima, un adesso, un dopo, e una storia sua da sentire con tutti i sensi che ho fatto mia 'compartendola' tutta tutta, senza tralasciare alcun pezzettino.

Ma che mamma è la mamma adottiva? che strano personaggio, a volte sembra inventato, per la giusta e pura rinascita dei bambini abbandonati. Una figura che improvvisamente abbraccia un mondo sconosciuto che ti guarda e che ti vuole, ti pretende, ti allontana e ti rifugge, fino a che, un giorno ci si sente legati, uniti, veramente, da sempre appartenuti. 

Quindi, chiedo, dentro a questa appartenenza adottiva, per queste fasi della vita mancate, per questa biologia tra noi differente, posso ritenermi 'avantaggiata' in relazione con il pericolo del 'non ti lascio andare'? Eppure sono quella che l'ha aspettata per 4 anni e che dal giorno in cui si è aperta quella porta ed è entrata lei… non l'ho più lasciata andare. Il suo odore mi è rimasto addosso, la sua vocina e la sua mimica sono entrati in me, me ne sono semplicemente innamorata. Sarò capace di lasciarla, poi, domani?
Quali e quanti i fili sottili che i legami biologici stringono e cementificano con il legame di sangue tra mamme e figli? quanti e quali mi sono persa e cosa invece grazie al non averli,  ho 'guadagnato'?

Cristina, una mamma felice

2 commenti:

  1. Ciao Cri! Io non so bene dare un'opinione su questo argomento. Purtroppo spesso si confonde il tanto amore dei genitori con la mancanza di indipendenza dei figli. E soprattutto si pensa che dichiarare in modo scritto e orale l'amore che si prova per un figlio voglia dire togliergli la libertà. Non credo. Credo che ci siano genitori che sbagliano sia fra quelli che hanno un blog sia fra quelli che non ce l'hanno, ovviamente.
    Non so dire la mia sul fatto di essere avvantaggiata al non avere partorito tua figlia, ma ricordo benissimo il tuo post in cui raccontavi di quando avevate incontrato la vostra bimba, e me lo ricordo ancora come un bellissimo post su un "parto". Ci sono tanti tipi di parti secondo me. E poi penso a me, allergica alla dipendenza da me di chiunque (genitori, figlia, compagno), e penso che, pur avendola concepita, partorita e allattata, quando la vedo che piange perché la baby sitter va via, sono felice perché vuol dire che non ha solo me, solo noi.
    Non so, è un tema interessante e delicato. Sicuramente è un tema che va valutato nei singoli casi, volta per volta, e conoscendo bene le situazioni da dentro.
    Un abbraccio!

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  2. Ciao
    il tema della liberta' e dell'educare i figli senza "soffocarli" e imprigionarli mi sta continuando a tornare in questi giorni, quindi ti lascio il mio commento.
    Io non credo che sia una questione di essere madre biologica o adottiva. Quello madre-figlio e' un legame che deve essere creato dopo, trasformando quel rapporto "di cuore" in rapporto tra due persone reali, l'altro, nostro figlio, e' appunto altro da noi, e come tale dobbiamo imparare a conoscerlo e ad amarlo. E tra madre biologica e adottiva non c'e' differenza, o almeno questa e' la mia opinione, in caso di gravidanza si parla di endogestazione e esogestazione, di bambino immaginato e reale, ma, anche se non sono un'esperta e quindi magari sbaglio, secondo me non ci sono differenze, perche' l'attesa del bambino adottivo credo passi per fasi molto simili (bambino immaginato, incontro-parto...)
    Per questo penso che saper educare i nostri figli senza imprigionarli sia un tema che interessa tutte le madri, indipendentemente dalla tipologia di "parto" e che non ci siano "facilitazioni" nell'essere madre adottiva, perche' penso che i "fili" ci siano lo stesso...eccome! ... ;)
    Non so pero' come si fa a crescerli senza soffocandoli, lasciandoli liberi, di esprimersi e di sbagliare, anche quando vedi che stanno per...cadere...
    Ti ripeto e' un tema che continua a tornarmi, in libri, post, colloqui, quindi credo che per me sia giusto prestarvi attenzione e interrogarmi, e il confronto con gli altri e' uno strumento che credo possa aiutarmi per capirmi e capire il mio essere madre.
    un caro saluto e scusami se ho fatto un poema!;)
    Fra

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