lunedì 9 marzo 2015

Adozioni internazionalibr / Costi elevati e poco sostegnobr /In tre anni dimezzati gli arrivi

Adozioni internazionalibr / Costi elevati e poco sostegnobr /In tre anni dimezzati gli arrivi


Eravamo i migliori, dopo gli Stati Uniti. Sul fronte delle adozioni internazionali rappresentavamo un modello. E a un certo punto, dal 2008 al 2011, mentre gli altri Paesi già risentivano della crisi (la Norvegia è crollata del 90% in dieci anni), per l’Italia cominciava un quadriennio da record con una media di quattromila adozioni l’anno. 

Gli ultimi dati, non ufficiali, ci aprono uno scenario diverso. La Commissione adozioni internazionali non ha ancora divulgato i numeri del 2014 (dal 26 giugno scorso non si è più riunita). Ci ha pensato l’Aibi, con proiezioni che hanno un margine di errore del 5%, sui dati degli enti e dei Paesi stranieri: lo scorso anno sarebbero arrivati in Italia 2.000 bimbi; -30% sul 2013, -50% sul 2011.
Le cause del crollo
La crisi economica ha pesato. Adottare un figlio all’estero richiede soldi.L’intera trafila costa quanto un’auto nuova: 24 mila euro. Ci sono aspiranti genitori, età media 45 anni, che nell’attesa lunga cinque anni perdono il lavoro o entrano in cassa integrazione. «Le famiglie possono dedurre fino a metà delle spese. Ma con il Fondo adozioni non state ancora finite di rimborsare tutte quelle del 2011. Né ci sono stati, dopo, altri decreti di finanziamento», spiega Monya Ferritti, commissario della Cai in rappresentanza delle associazioni famigliari. Anna Guerrieri, presidente di Genitori si diventa, aggiunge che «le famiglie andrebbero supportate dopo l’arrivo dei bambini, sempre più grandi, età media 5/6 anni, spesso con problemi di salute. Almeno il Miur ha varato linee di indirizzo per il diritto allo studio». Anche Paola Crestani del Ciai insiste sul post-adozione: «Le famiglie faticano ad assumersi situazioni così impegnative». Il suo ente è passato da 120 bambini adottati nel 2011 a 50 nel 2014.
Crisi geopolitiche
Non contano solo i segno meno nei bilanci domestici. Ci sono situazioni di guerra, come in Ucraina, Burkina Faso o Mali. «E poi molti, nello spirito della Convenzione dell’Aja, stanno incentivando le adozioni nazionali, lasciando agli stranieri i bambini con problemi di salute», spiega Anna Maria Colella, direttrice dell’Arai, l’agenzia regionale del Piemonte, l’unico ente pubblico tra i 62 autorizzati: operativi dal 2004, finora hanno fatto 300 adozioni internazionali, operando in un territorio circoscritto.Tariffe certe: seimila euro in Brasile, 14 mila in Russia, 6 mila euro in Lettonia. Aggiunge: «Stato, Regioni ed enti locali devono sostenere il desiderio di genitorialità, questi figli sono una risorsa».
La fiducia è imprescindibile. Marco non ce l’ha più, ma ha a casa due figli di due e 11 anni: «Ci hanno avvisati il 19 marzo che c’era Giorgino, da prendere con il cuginetto più grande. Era la festa del papà, un segno del Signore. A ottobre siamo andati in Etiopia e abbiamo scoperto che Antonio usava gli antiepilettici. A Milano gli hanno trovato un tumore al cervello».
Troppe segnalazioni di richieste di soldi in nero. «Serve trasparenza. Il calo non è un male se significa sacrificare la quantità per la qualità», interviene Cristina Nespoli, di Enzo B: 74 bambini adottati nel 2014; 96 nel 2011. Per Gianfranco Arnoletti, presidente Cifa (290 adozioni),«l’impegno del governo sta andando in altre direzioni, penso all’eterologa».
Il ruolo della Cai
Da un anno alla guida della Cai c’è Silvia Della Monica, nominata da Matteo Renzi. Scelta inedita, visto che per legge al vertice deve esserci il premier o il ministro della Famiglia. Della Monica si trova nel duplice ruolo di controllore (presidente della commissione) e controllato (vicepresidente). Non ha mai risposto alle richieste di intervista del Corriere della Sera. Il suo operato è stato oggetto di 19 tra interpellanze e interrogazioni parlamentari. Solo a una, giovedì, ha risposto il viceministro delle Politiche agricole Andrea Olivero. Ha detto, tra le altre cose, che Patrizia Cologgi, già dirigente del servizio adozioni nella segreteria tecnica, «non risulta essere stata coinvolta nell’inchiesta di Mafia capitale e non ha rassegnato le dimissioni, ma è andata in pensione». Peccato che invece la signora Cologgi sia stata accusata dai pm Claudia Terracina e Maria Cristina Palaia di turbativa d’asta, abuso d’ufficio, falso in atto pubblico e truffa: indagine poi confluita nel filone di Mafia Capitale.
Tutti gli enti interpellati ricordano come felice la presidenza di Carlo Giovanardi, dal 2008 al 2011: viaggi, riunioni, risposte rapide. Altri tempi, forse. Lui chiosa: «Operavo nella normalità e nella legalità. Sono stato io a firmare il primo accordo con la Russia. È un dolore leggere del crollo delle adozioni in un Paese generoso come il nostro». Il rallentamento, secondo Marco Griffini, presidente di Aibi, è cominciato con i governi Monti e Letta. Su Aibi e Associazione Adozioni Alfabeto la Cai sta facendo verifiche per la permanenza dei requisiti di idoneità e correttezza. Griffini replica: «Le verifiche si aprono e si chiudono: come mai da cinque mesi le nostre sono ancora aperte? Piuttosto vorrei sapere perché non ha ancora risposto alla nostra richiesta di operare in 15 nuovi Paesi». Loro hanno registrato 149 adozioni nel 2014: l’anno prima erano 240.

Nessun commento:

Posta un commento

grazie per il tuo commento!

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...