lunedì 21 gennaio 2013

Adottare in tutta sicurezza | CIAI

fonte: Ciai

Adottare in tutta sicurezza | CIAI

Adottare in tutta sicurezza

Le adozioni internazionali sono al centro delle attenzioni mediatiche ma attenzione: un conto sono le adozioni sicure e trasparenti, altro pianeta è il traffiking e il mondo (illecito) dei mediatori. Il chiarimento di Paola Crestani, presidente CIAI.
Occorre fare chiarezza in un momento in cui le adozioni internazionali rischiano di essere al centro di polemiche disfattiste, soprattutto sui media: per le famiglie, che hanno già adottato e che adotteranno e soprattutto per il bene dei bambini in cerca di una famiglia.
Prendendo spunto da “Melog”, trasmissione di Radio 24 che qualche giorno fa ha dedicato una puntata alle adozioni internazionali, CIAI ritiene sia importante ribadire ancora una volta che gli enti che lavorano correttamente nei paesi di provenienza dei minori NON devono fare uso di mediatori, da non confondersi con i rappresentanti locali dell’ente. Di mediatori si è infatti parlato – tra i molti spunti di attualità – durante la puntata di Melog come se fossero un ‘rischio’ da mettere in conto nel corso dell’iter adottivo all’estero. Come se anche gli enti potessero, a loro insaputa, inciampare in questi personaggi. In realtà non è così.



“Un ente ha tutti gli strumenti per garantire adozioni corrette, seguendo le procedure codificate in Italia e all’estero e avvalendosi, nei Paesi, di personale locale competente e di propria conoscenza – dice Paola Crestani, presidente CIAI – . In 45 anni di attività CIAI si è imbattuto innumerevoli volte in personaggi che si sono proposti come intermediari al fine di procurare un certo numero di “segnalazioni” di minori in stato di abbandono – dice Crestani – Non è vero quindi che i referenti degli Enti possano agire nel Paese a loro insaputa. I mediatori sono coloro che “procurano i bambini” a chi paga di più, aiutati da una rete di collaboratori senza volto e senza nome. Questo è traffico di esseri umani, non adozione”.

CIAI ribadisce quindi che il referente che vuole illecitamente guadagnare da un’adozione non è per sua natura un filantropo e di conseguenza, per portare avanti le sue pratiche illecite, ha bisogno di denaro ( e molto) che gli deve essere fornito o dall’ente stesso o dalla famiglia. “E l’ente non può non saperlo”, aggiunge la presidente CIAI.
Le organizzazioni sostenute da principi etici solidi, non si avvarranno mai di mediatori e non si faranno irretire dalla prospettiva di incrementare la propria “performance” numerica in quanto a adozioni, così come non accetterà di pagare per vedere le proprie pratiche correre più spedite di altre.
“Al contrario – aggiunge Crestani – definirà criteri e linee guida a cui il personale che lavora nei Paesi di origine dovrà tassativamente attenersi; pagherà il proprio personale con stipendio fisso e non a cottimo per evitare che la possibilità che la prospettiva di maggiori guadagni ne guidi l’operato”.

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