martedì 17 luglio 2012

Affidi, business da un miliardo

Affidi, business da un miliardo

di Paolo Crecchi

Genova - Ventimila bambini e un miliardo di euro: è il business degli affidamenti in Italia, l’indotto dell’infanzia tradita che mantiene 1.800 case famiglia distribuite in tutto il territorio nazionale, come al solito più al nord che al sud (in Emilia ce ne sono trecento). Ogni ospite, detto brutalmente, frutta dai 70 ai 120 euro al giorno.
I pagamenti sono garantiti dai Comuni che a volte vorrebbero comportarsi diversamente e organizzare l’assistenza su altre basi, ma devono fare i conti con l’inflessibilità dei tribunali dei minori. Dietro alle case famiglia ci sono enti religiosi e privati, che spesso riescono a lucrare sulle rette non assicurando ai ragazzi il sostentamento e il sostegno pattuiti.


Il problema sono i controlli: lo stato li affida alle associazioni no profit, ma i muraglioni dei convitti si rivelano troppe volte barriere inaccessibili. «Dietro un affido - conferma l’assessore ai servizi sociali di Albenga, Eraldo Ciangherotti - ci sono posti di lavoro e un’economia robusta. Bisogna vigilare perché non vengano privati i genitori del diritto ad allevare i propri figli, magari dietro una segnalazione un po’ frettolosa».
Il caso di Khalid, per esempio. Qualcuno si è preso la briga di sostenere che era separato (falso), che non era affidabile (falso), che non andava a trovare i bambini in comunità (lui ha esibito il tabulato con gli orari delle visite, non ne ha mai saltata una).
Il business degli affidi è incrudelito dai tempi della giustizia italiana. Khalid: «Il giudice ha ordinato una consulenza tecnica, come se fossi in lite con mia moglie e non lo sono. Ma soprattutto devo aspettare altri quattro mesi: ma scherziamo? E perché? Chi mi restituirà il tempo perduto, trascorso senza i miei affetti»? Il giudice Cavatorta, di fronte a questi obiettivi, non sembra scosso: «La giustizia ha i suoi tempi». Appunto.
E siccome spesso le segnalazioni sono frutto di piccole vendette, cattiveria, disinformazione, troppi affidamenti si rivelano un’ingiustizia. La deputata Sbai Souad: «Abbiamo passato il livello di guardia. I tribunali dei minori hanno un potere spropositato, e spesso non seguono l’evolversi delle situazioni».
Nella denuncia alla procura della repubblica di roma, Sbai Souad ricorda che la figlia di Khalid è stata portata fuori dai confini nazionali, durante le prove dell’affidamento alla famiglia musulmana, senza il consenso del padre. Chi doveva vigilare? Attenzione: per legge, il minore ha il diritto inviolabile di crescere nel nucleo familiare, fino al terzo grado di parentela.

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