martedì 12 febbraio 2013

Adozioni, un incontro umano con le istituzioni: il Giudice delTribunale per i Minorenni

Fonte: http://www.endoassoc.it

Adozioni – un incontro umano con le istituzioni: il Giudice del Tribunale per i Minorenni

Terzo appuntamento della serie dedicata al mondo delle adozioni. Incontriamo il Giudice Fulvio Villa, Presidente del Tribunale per i Minorenni del Piemonte e della Valle d’Aosta, con sede in Torino.

Fontana: Iniziamo questo nostro colloquio, intanto con qualche numero sulle adozioni, per meglio renderci conto dell’entità del fenomeno di cui andiamo a parlare.
Villa: Per quanto riguarda i bambini italiani il numero degli adottabili, con riferimento al Piemonte ed alla Valle d’Aosta, è di circa 100 ogni anno, di cui circa 20 non riconosciuti alla nascita. Le domande di adozione nazionale nell’anno 2010 sono state 720 (nell’anno precedente 830).
Secondo i dati dell’Autorità Centrale Italiana 4.130 sono i minori stranieri adottati dalle coppie italiane nel 2010.





Fontana: Nell’intervista precedente di questa serie, effettuata con la psicologa dell’équipe adozioni, abbiamo visto il dramma che può rappresentare sul piano psicologico-affettivo il rifiuto per un bambino dichiarato adottabile.
Villa: Intanto dobbiamo dire che i bambini restituiti in tutta Italia sono per fortuna molto pochi, anche se nel concreto stiamo assistendo ad un aumento del fenomeno di situazioni a forte rischio (anche senza che si sia arrivati alla restituzione) con riferimento alle adozioni internazionali.

Fontana: Nel caso di restituzione del bambino, quali sono le conseguenze per la coppia, rispetto alla possibilità di un’adozione successiva? Ci sono ripercussioni legali, sanzioni, penali ecc?
Villa: Per quanto riguarda la coppia che rifiuta un bambino, non esistono sanzioni; le conseguenze possono essere di tipo morale per coloro che decidono di restituire un bambino accolto per la sua eventuale adozione o, peggio ancora, accolto ed adottato. Indubbiamente nel caso in cui vi sia già stata l’adozione, il minore sarà a tutti gli effetti legali figlio legittimo e quindi permarranno in capo ai genitori adottivi tutti gli oneri giudici ed economici spettanti a tutti i genitori nei confronti di un figlio.
Il fallimento dell’inserimento di un bambino in vista della sua eventuale ed auspicata adozione costituisce indubbiamente un grave trauma psicologico non soltanto per il bambino (che si sentirà sempre più inadeguato e rifiutato da parte degli adulti) ma anche per gli aspiranti genitori, i quali dovranno sopportare il peso del senso di inadeguatezza del loro operato.
In determinate circostanze molto delicate e complesse, quando il minore è portatore di grandi difficoltà e la coppia ha messo in gioco tutte le risorse disponibili senza riuscire nell’intento per cause non attribuibili a scarsa volontà o a mancanza di risorse personali, di norma dopo che sia trascorso un congruo periodo di tempo per permettere alla coppia di elaborare il trauma subito si può proporre un diverso abbinamento. Proprio pochi giorni fa è avvenuto ciò in un caso in cui il precedente fallimento non era da attribuirsi a limiti degli adulti ma a difficoltà della minore, che li rifiutava ostinatamente dimostrando con ciò di non essere ancora pronta all’ingresso in una nuova famiglia. È stato poi abbinato a questa coppia un bambino meno problematico.
In linea generale si può affermare che ogni caso costituisce un “unicum”, con proprie caratteristiche peculiari e che è molto difficile generalizzare.
Può anche avvenire che, all’atto dell’abbinamento in concreto, nella coppia emergano aspetti problematici prima non visti o sottovalutati e che ciò induca l’Ufficio Adozioni a non utilizzare più quella risorsa per un diverso bambino. Non si deve dimenticare che è molto difficile la valutazione “ex ante” della idoneità della coppia aspirante all’adozione e che si tratta in ogni caso di un giudizio astratto ed anticipatorio. Nel concreto talvolta emergono aspetti prima non sufficientemente visti, e ciò vale in senso sia positivo sia negativo. Vi sono infatti precedenti di coppie che erano state valutate appena sufficienti e che poi nel concreto hanno saputo mettere in campo risorse inaspettate, con ottima riuscita di difficili abbinamenti.

Fontana: Qual è il ruolo del giudice nell’iter adozione?
Villa: Premesso che l’Ufficio Adozioni è composto da giudici sia di carriera (cosiddetti “togati”) sia onorari (psicologi, psichiatri, assistenti sociali), il compito del giudice è quello di selezionare le risorse, vale a dire di giudicare la eventuale idoneità delle coppie che si propongono per un’adozione. Tale intervento si fonda sull’esito delle indagini svolte dagli operatori dei Servizi territoriali e sull’esame diretto della coppia, sentita da un giudice.
Inoltre il compito del giudice, sempre inteso come collegio (due togati e due onorari) è quello di organizzare l’abbinamento tra il singolo bambino in stato di abbandono e una coppia che abbia le caratteristiche necessarie, in relazione ai bisogni di quel bambino, per poterlo accogliere come figlio.
Ogni decisione è collegiale, frutto del giudizio di quattro giudici.

Fontana: Come si concilia il fatto che il suo lavoro, per lo meno agli occhi dei profani, è soprattutto fatto di carte, moduli, procedure, documenti, con la dimensione altamente umana che invece implica fare incontrare due genitori con il loro futuro figlio?
Villa: L’aspetto burocratico è inevitabile, la procedura deve essere applicata a garanzia di tutti; ciò non impedisce di dare la massima attenzione alle questioni di merito che sono oggetto di lunghe riflessioni e di confronti. Gli aspetti più difficili sono quelli ricollegati all’esigenza di dare una famiglia a bambini portatori di handicap, bambini che nessuno vuole. Le domande delle coppie infatti fanno riferimento per lo più a bambini sani o con problemi risolvibili. Dobbiamo quindi essere noi ad andare alla ricerca di valide risorse, di famiglie che abbiano le competenze indispensabili e il desiderio intimo e convinto di dare una svolta significativa alla loro vita, accogliendo un bambino portatore di gravi problematiche. L’esperienza pluriennale in questo specifico settore mi consente di affermare che gli inserimenti adottivi di questi bambini negli ultimi anni ha dato ottimi risultati e che tutti i nostri sfortunati (almeno inizialmente) bambini stanno crescendo serenamente. Le famiglie ci ringraziano, felici di poter condividere con il loro bambino importanti conquiste in termini di recupero funzionale e di relazione arricchente. Tutti i bambini portatori di gravi problematiche hanno trovato una famiglia adottiva, ad eccezione di pochissimi casi di bambini che per motivi di sopravvivenza devono vivere in strutture sanitarie. Quindi, indipendentemente dagli aspetti burocratici, che assumono una valenza assolutamente secondaria, noi giudici minorili dell’Ufficio Adozioni siamo costantemente molto attenti alle questioni sostanziali, seguendo ogni caso con scrupolo e cura.

Fontana: Che cosa significa per lei, sul piano umano, lavorare in questo settore?
Villa: L’arricchimento sul piano umano è continuo. Il frequente trovarsi a contatto con forti emozioni e con il dolore dei bambini (si pensi al bambino maltrattato, con il corpicino ricoperto di ferite e di lividi, di bruciature di sigarette, al bambino abusato sessualmente, al bambino ammalato) deve essere vissuto non come una esperienza travolgente, ma come uno stimolo a difendere quel determinato bambino e a fornirgli occasioni di vita futura positiva. Sia chiaro un concetto: il giudice minorile che smette di provare emozioni, che non riesce più a commuoversi, dovrebbe occuparsi di altra materia. Bisogna mantenere questo aspetto umano, ma avere la capacità di controllarlo a livello emotivo e di saper decidere ed operare in modo lucido e razionale a tutela di quel determinato bambino.

Fontana: Qual è la cosa che le dà più soddisfazione nel suo lavoro?
Villa: Riuscire a dare nuove occasioni di vita futura a bambini sfortunati. Il ruolo del giudice, di un giudice attento, è fondamentale. E ciò non soltanto sul versante adottivo, ma anche nel programmare adeguati progetti di aiuto alla famiglia d’origine.

Fontana: Qual è la cosa più difficile/faticosa del suo lavoro?
Villa: Come ho già detto uno degli aspetti più difficili è quello di mantenersi lucidi pur di fronte a situazioni che destano forti emozioni. Altra difficoltà è quella di confrontarsi quotidianamente con l’indifferenza e con luoghi comuni inesatti.

Fontana: Essendo lei padre adottivo, questa sua esperienza personale come si riflette sul suo lavoro e sul modo di interpretarlo?
Villa: Ogni giudice che inizi un impegno lavorativo a contatto con l’infanzia o con i problemi delle persone (es: separazioni, divorzi, cause di cambiamento di sesso, interdizioni, inabilitazioni) mette in gioco inevitabilmente i propri vissuti personali di bambino, di uomo, marito e padre. L’importante è essere consapevoli di ciò e gestire in modo equilibrato questi aspetti personali facendo in modo che non interferiscano involontariamente nelle decisioni e che invece costituiscano un arricchimento in termini di esperienza.
Inizialmente, nei miei primi contatti con la materia dell’adozione, provavo una forma di naturale solidarietà con le coppie che si proponevano per l’adozione. Ora, dopo aver sperimentato una ricca casistica di approcci egoistici e talvolta spregiudicati da parte di certe persone, sono molto più cauto pur restando assolutamente consapevole delle difficoltà e del dolore che una coppia incontra quando, elaborata l’impossibilità di procreare, si avvii verso un percorso di genitorialità adottiva. L’esperienza mi ha insegnato inoltre che spesso, di fronte a determinati limiti genitoriali, è preferibile un “no” piuttosto che rischiare in futuro un fallimento, che danneggerebbe sia il bambino sia la coppia.
Deve essere chiaro che non è in gioco il diritto dell’adulto ad avere un figlio.
L’unico diritto che deve essere tutelato è quello del bambino in stato di abbandono ad avere una famiglia, la famiglia più adatta a lui.

Intervista a cura di Iside Fontana, Vice Presidente dell’Associazione Italiana Endometriosi Onlus




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