
Nell’antichità
questo istituto giuridico aveva una funzione patrimoniale, in quanto
assicurava diritto di eredità ai figli nati al di fuori del matrimonio,
risolvendo, così, problemi di successione nelle famiglie che non avevano
discendenza.
Nel
passato, si trattava di bambini abbandonati per strada, sulla porta di
una chiesa, o nelle ruote dei brefotrofi, bambini nati da donne in
condizioni di estrema povertà, donne nubili incapaci di reggere la
vergogna dell’adulterio, donne vittime di violenze intrafamiliari,
insomma, bambini non desiderati.
Ai
nostri giorni, l’adozione garantisce il legame affettivo tra la
famiglia adottiva e il minore lasciato in stato di abbandono, tanto che
si parla di patto adottivo, sottolineando il rapporto di
reciprocità e scambio di bisogni, aspettative, storia e affetto fra il
figlio e la coppia di genitori (Scabini, Cigoli, 2000).
Etimologicamente, “adottare” deriva dal latino optare preceduto da ad
e indica l’atto di scegliere; la coppia genitoriale non solo sceglie di
adottare un figlio, ma questa scelta continua ad essere rinnovata ,
così, come il minore è chiamato a scegliere di essere il figlio di quei
genitori (Scabini, Cigoli, 2000).
L’adozione
è un fenomeno molto delicato, implica delle sfide e dei rischi, in
quanto, ci si scontra con temi difficili quali la differenza, la
sterilità che può colpire una coppia, quindi con il dolore e le
delusioni che possono portare alla decisione adottiva vista come unica
via per colmare un vuoto e poter sperimentare la maternità e la
paternità, o l’abbandono in cui può essere lasciato un bambino.
Significa
aprire uno spazio d’accoglienza al figlio adottivo non solo fisico, ma
soprattutto mentale all’interno della propria famiglia.
Adottare, vuol dire, anche, modificare i pattern relazionali preesistenti nella famiglia.
La
famiglia adottiva e il figlio sono chiamati ad assolvere a compiti di
sviluppo, affinché, il legame possa essere costruttivo.
I
genitori cercano di essere legittimati nel loro ruolo, di accompagnare
il figlio nel suo inserimento nel mondo sociale (Guidi, Tosi, 1996) e
sostenerlo lungo il travaglio della ricerca di una propria identità
personale (Macie, 1985).
Il
compito del figlio, invece, consiste nel riconoscere l’appartenenza
alla nuova famiglia, riconoscere la storia familiare con la
consapevolezza delle origini diverse (Saviane Kaneklin, 1995).
Il
figlio adottivo deve fare i conti con il tema dell’abbandono e della
perdita, con i relativi sentimenti che l’accompagnano, quali il senso di
colpa, di collera, di inadeguatezza che si intensifica, soprattutto,
durante l’adolescenza, momento in cui è chiamato a rielaborare le
proprie origini e dare finalmente senso a ciò che è passato, presente e
futuro.
L’adolescenza costituisce una fase particolarmente critica nello sviluppo di ciascun individuo.
È
il momento in cui le sfide precedentemente affrontate vengono
riattualizzate, portando ad uno sforzo di sintesi e superamento di ogni
traguardo evolutivo fino ad allora raggiunto.
Il
risultato finale sarà la fine della condizione infantile e il passaggio
all’età adulta, attraverso un percorso di separazione e individuazione.
Durante
questo periodo, infatti, nel ragazzo avviene un cambiamento fisico, si
presentano nuove pressioni culturali date dall’assunzione di nuovi ruoli
sociali e nell’adolescente sorgono nuovi valori e aspettative
personali.
L’adolescente
è in continuo conflitto tra il bisogno di acquisire maggior autonomia,
indipendenza emotiva e cognitiva e la paura di non poter più godere
delle certezze dategli fino ad ora dall’ambiente protetto della
famiglia.
I
legami di attaccamento con la famiglia subiscono una riorganizzazione,
in quanto il ragazzo inizia ad aprirsi al mondo esterno e crea nuovi
legami.
In
questa fase di rivoluzione generale, l’adozione costituisce un evento
molto delicato e critico, in quanto, non solo il soggetto si trova ad
apprendere nuovi compiti di sviluppo tipici dell’adolescenza, ma deve
far fronte a problematiche quali l’identità d’origine, il senso di
appartenenza e il tema dell’abbandono da parte della famiglia biologica.
Per
l’adolescente adottato, l’ identità prende forma attraverso la memoria,
le tracce del proprio passato, conciliando passato e presente.
Il
ragazzo, infatti, deve riorganizzare (soprattutto se adottato in tarda
età), una condizione ormai consolidata di disagi e negazioni, deve
cercare di sostituire le aspettative costruite sulla base delle
esperienze passate con la realtà di una nuova vita, di nuovi contatti,
deve ritrovare fiducia negli adulti.
A
volte, può capitare che i figli adottivi ritardino l’entrata reale
nell’adolescenza per paura di perdere di nuovo ciò che hanno acquisito
con tanta fatica.
I
risultati di molte ricerche, condotte negli ultimi 10 anni, hanno
sottolineato l’importanza di un ambiente familiare supportivo e
responsivo e di un contesto sociale accogliente e collaborativo.
La
costruzione di buone relazioni all’interno della famiglia adottiva,
come in quella del gruppo di pari, e l’inserimento nel proprio contesto
sociale sono variabili determinanti.
REQUISITI PER L’ADOZIONE:
I
requisiti per l’adozione nazionale e internazionale sono previsti
dall’art.6 della legge 184/83 (come modificata dalla legge 149/2001) che
disciplina l’adozione e l’affidamento:
“l’adozione
è permessa ai coniugi uniti in matrimonio da almeno 3 anni, o che
raggiungano tale periodo sommando alla durata del matrimonio il periodo
di convivenza prematrimoniale, e tra i quali non sussista separazione
personale neppure di fatto e che siano idonei ad educare, istruire ed in
grado di mantenere i minori che intendano adottare”.
la differenza minima d’età tra adottante e adottato è di 18 anni;
la
differenza massima d’età tra adottanti e adottato è di 45 anni per uno
dei coniugi, di 55 per l’altro coniuge. Il limite può essere derogato se
vengono adottati 2 o più fratelli, o se hanno un figlio minorenne
biologico o adottivo;
Questo
limite è funzionale per garantire al bambino dei genitori idonei ad
allevarlo e seguirlo fino all’età adulta, in una condizione simile a
quella di una famiglia naturale.;
per adottare bisogna essere in 2 ;
bisogna essere coniugati al momento della presentazione della dichiarazione di disponibilità;
documentare di non avere in corso nessun procedimento di separazione;
provare
con documenti e testimonianze, se il matrimonio è stato contratto da
meno di 3 anni, che la convivenza è stata stabile, continua;
gli italiani residenti all’estero possono adottare secondo la legge dello Stato ospitante se vi risiedono da almeno da 2 anni;
la fedina penale deve essere pulita;
la
domanda deve essere inviata al Tribunale dei Minorenni (può essere
fatta in più tribunali contemporaneamente, l’importante è segnalare dove
si è fatta richiesta). La domanda rimane 3 anni in Tribunale, al
termine decade e può essere riproposta.;
i coniugi devono ottenere l’idoneità psicofisica;
i coniugi devono presentare certificati di reddito;
i coniugi devono presentare certificato di residenza;
i coniugi devono presentare certificato di matrimonio;
la dichiarazione di disponibilità deve essere vagliata
la
dichiarazione di disponibilità deve essere inviata ai Servizi
Territoriali e vista dai Carabinieri. I coniugi verranno visitati da
un’Assistente Sociale che stilerà un’anamnesi; seguiranno dei colloqui
con lo psicologo che stilerà una relazione. Il tutto verrà inviato al
Tribunale per i Minorenni.
PERCORSO ADOTTIVO:
gli aspiranti genitori adottivi presentano la dichiarazione di disponibilità al Tribunale per i minorenni;
il
Tribunale, entro 15 giorni, richiede ai Servizi Socio-assistenziali di
predisporre una relazione che permetterà di valutare le risorse e
potenzialità della coppia;
i
Servizi, entro 4 mesi, convocano la coppia, acquisiscono tutti gli
elementi necessari e trasmettono al Tribunale per i Minorenni la
relazione;
il
Tribunale per i Minorenni, acquisita la relazione dei Servizi, convoca
la coppia per sentirla direttamente. Esamina la situazione ed entro 2
mesi decide di accogliere la disponibilità e dichiara l’idoneità o di
rigettarla motivandone le ragioni;
il
decreto di idoneità verrà trasmesso dall’ufficio giudiziario minorile
alla Commissione per le Adozioni internazionali o nazionali e all’Ente
autorizzato ed accreditato;
la
coppia, ricevuto la dichiarazione di idoneità, ha un anno di tempo per
dare mandato ad uno degli Enti accreditati e autorizzati;
se il Tribunale rigetta l’idoneità, la coppia può impugnare il provvedimento presso la Corte di Appello – Sezione Minorenni;
la coppia inizia la pratica con l’Ente autorizzato accredita prescelto e seguirà un percorso.
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